domenica 30 dicembre 2018

“Aquaman”, il signore di Atlantide al cinema

In fondo “uno sfigato che parla con i pesci” è ancora un po’ l’idea del supereroe Aquaman della maggior parte delle persone, ex bambini degli anni Settanta e Ottanta che lo ricordano per la serie animata de I Superamici (gli altri non lo conoscono proprio, come la quasi totalità degli attori coinvolti). Dove, in effetti, assieme a Superman, Batman e Wonder Woman (e alcuni ragazzini ispirati agli amici di Scooby Doo), risulta davvero “uno sfigato che parla con i pesci”.

Non che la vita fumettistica del signore del regno di Atlantide fosse stata molto più ricca: è stato creato per la National (antesignana dell’odierna DC) nel 1941 da Mort Weisinger, futuro carismatico (e tirannico) editor di Superman e dal disegnatore Paul Norris – e la cosa è stata celebrata da apposito un eastern egg nel film – ma è palesemente ispirato dal Namor del grande Bill Everett, ideato due anni prima per la Timely, cioè la futura rivale Marvel. Anche nel nome: se Namor era l’anagramma di Roman, Aquaman è un mix di latino e inglese (per gli americani molto sofisticato, per un italiano quasi ridicolo). Nella versione più nota delle sue origini si chiama Arthur Curry è figlio del guardiano del faro Thomas Curry e di Atlanna, sovrana del regno sottomarino di Atlantide. Negli anni Novanta lo sceneggiatore Peter David ha rinnovato il personaggio con un ciclo di 43 storie dal 1990 al 1998, in Italia raccolte in volume dalla RW Edizioni lo scorso 11 novembre: in alto la copertina del primo, 320 pagine sul Re dei Sette Mari con Aquaman: Time and Tide nn.1-4 e Aquaman nn.0-8), rendendolo più affascinante e tormentato: inoltre, non parla più ai pesci, ma comunica con loro telepaticamente.

È questo, almeno in spirito, l’Aquaman nel sesto lungometraggio del DC Extended Universe, diretto dal malaysiano naturalizzato australiano James Wan ancora con Jason Momoa, che già lo aveva interpretato in un fugace cameo nel velleitario Batman v Superman (2016) e coprotagonista nel confuso Justice League (2017). Momoa, nato ad Honolulu da una caucasica e da un hawaiano, è meticcio proprio come Aquaman (gli atlantidei razzisti gli danno del “mezzosangue”) ed è noto per aver interpretato personaggi fantasy come Khal Drogo nella serie tv Il Trono di Spade o Conan the Barbarian (film 2011)... e in effetti Aquaman è in tutto e per tutto un fantasy con un eroe riluttante.

A questo link in anteprima le impressioni del nostro diretùr Loris Cantarelli, mentre a quest’altro trovate mezz’ora in inglese con quanto mostrato sui mass media prima dell’uscita... ma per gli appassionati, una storia a fumetti di Peter David rimane il miglior Aquaman possibile!


sabato 29 dicembre 2018

Tremate, le streghe son tornate (per davvero)

Per far prima, ci si ricorda dei trascorsi fumettistici di Roberto Aguirre-Sacasa, lo showrunner 46enne della serie Netflix Le terrificanti avventure di Sabrina. Alla Archie Comics, infatti, il prode scrittore ha sempre fatto faville, pur scatenando inizialmente lo scontento della casa editrice con il progetto della commedia teatrale Archie’s Weird Fantasy del 2003 in cui il personaggio simbolo della casa editrice, nato nel 1941, faceva coming out. Inaccettabile.

Dieci anni dopo, superato il momentaccio, Aguirre-Sacasa con più solida attività sul groppone è ancora sulla breccia: crea Afterlife with Archie dove immagina la cittadina di Riverdale in versione post-apocalittica con tanto di infestazione zombi. Il successo dell’operazione (giunta anche in Italia grazie a Edizioni BD) porta bene al prode autore che così diventa capo dei creativi della casa editrice. La nuova popolarità di Archie Comics, sempre grazie ad Aguirre-Sacasa, si lega al tanto auspicato pellegrinaggio verso i lidi televisivi prima con la soap tinta di nero Riverdale, già alla terza stagione, e quindi con The Chilling Adventures of Sabrina, dal 26 ottobre in streaming su Netflix e già rinnovato fino alla quarta stagione.

Per far prima, dunque, si ricorda il passato fumettistico di Roberto Aguirre-Sacasa, ma non si citano quasi mai gli articoli pubblicati verso la fine degli anni Novanta sul periodico-cult del cinema horror e fantastico Fangoria. Articoli che sicuramente han funzionato da preludio ai tanti progetti e sceneggiature dark e spiegano anche la piega orrorifica presa dalla serie Netflix. Un horror malsano lasciato bollire nel calderone a ogni episodio. Di Sabrina si può dire che è stato fumetto nel 1962 in albo altrui e clima pure televisivo piuttosto favorevole per gli sventolamenti magici (Vita da strega e Strega per amore). Un fumetto diventato trent’anni più tardi ancora più popolare grazie alla sitcom Sabrina, vita da strega sulla ABC con Melissa Joan Hart che con quel personaggio concluse affari d’oro tra film tv e merchandising.

Questa Sabrina della commedia e dei fumetti non possiede che il nome. Per devozione familiare si porta ancora dietro le due zie Hilda e Zelda e il gatto nero Salem. Sempre orfana dei genitori, madre umana padre stregone, la ragazzina fa la sua apparizione come se il tempo non fosse mai trascorso studiando alla Baxter High e circondandosi di amiche fedeli ma soprattutto del fidanzatino Harvey Kinkle, per cui è disposta a fare qualunque cosa. Sabrina è una mezza strega che prova amore, compassione per il genere umano e non è disposta a firmare il suo battesimo di sangue per compiacere il Signore Oscuro: l’altro nome del caro vecchio Satana. Desidera continuare a vivere da normale essere umano e un compromesso c’è: frequentare al tempo stesso l’Accademia delle Arti Occulte, presieduta dal Sommo Sacerdote della Chiesa della Notte, Faustus Blackwood. Nell’ombra si agitano però le forze del Male. Quel battesimo s’ha da fare, assolutamente…

Le terrificanti avventure di Sabrina dovrebbe ringraziare di cuore (o con il cuore) la trasferta su Netflix al posto dell’originaria The CW (il canale USA per adolescenti dov’è ospitata Riverdale). Immaginate le torme di genitori inferociti al solo ascoltare ripetute lodi a Satana, assistere a cerimonie equivoche, sacrifici (l’episodio “Il banchetto dei banchetti”) e cannibalismo? Per non parlare degli sgozzamenti che magari non sono belli da vedere ma raccontano il perverso piacere di Aguirre-Sacasa nell’aver immaginato per la tv un teen drama che, nel profondo, affronta tematiche di devozione religiosa e cultura dell’appartenenza in maniera molto più sofisticata di quanto ci si aspetterebbe da un telefilm per adolescenti. Qualcuno ha fatto notare che le giovani generazioni in parte sono già preparate alla sua fruizione: la magia oscura o un passato da riparare con genitori non più presenti s’è visto in Harry Potter, mentre il bestiario demoniaco è già caricato in memoria grazie a un cult autentico di nome Buffy l’Ammazzavampiri. Impossibile però determinare se Sabrina sia un epigono di Sarah Michelle Gellar e della sua indimenticata cacciatrice.

Che Le terrificanti avventure di Sabrina sia intriso di memorie horror è facilmente deducibile dalla cultura horror della protagonista (primo episodio: tutti al cinema a vedere The Night of the Living Dead in una sala stracolma) ma in misura maggiore dalla costruzione dei singoli episodi che sul sovrannaturale sono un vademecum assai prezioso: si corre in libertà da Rosemary’s Baby alle pellicole della Hammer Film. Questa Sabrina, d’altronde, è un ripetuto viaggio all’inferno che si lascia ammirare, soprattutto visivamente: foreste spettrali ma incantevoli, splendidi paesaggi notturni e cimiteri che ti guardano dal grado zero del terreno. Poi, indubbiamente, il satanismo-chic di questa congrega di stregoni è fonte di dialettica per futuri dibattiti: loro non sanno cos’è l’amore (e taluni vorrebbero conoscerlo), ma si destreggiano tra lussuria e perversione perché “solo” quella religione è conosciuta e praticata dai suoi protagonisti, con una legittimazione che minimizza ogni critica dall’altra parte dello schermo (tanto, sempre fiction è). Di metafora in metafora, con mozzichi di ironia che non toccano ancora le vette firmate da Josh Whedon ai tempi di Buffy, c’è indubbiamente del marcio a Greendale, patria della biondina dal cuore d’oro Sabrina, ma c’è anche parecchia arguzia. La 19enne Kiernan Shipka nei panni della protagonista è un bijou di perfezione: arrivando dagli anni Sessanta della serie tv Mad Men s’impossessa del ruolo con una naturalezza proverbiale. Nella serie ci sono echi dai meravigliosi anni Sessanta ma anche tanto glamour immaginifico e musicale dagli anni Ottanta... insomma, un continuo calembour tutto da scoprire e apprezzare.

– Mario A. Rumor 

venerdì 28 dicembre 2018

“I mondi di Miyazaki”, l’edizione aggiornata

Ormai Hayao Miyazaki è entrato nel grande tempio della saggistica cinematografica. In Italia la letteratura “scientifica” legata al nome del regista si è dimostrata piuttosto solerte: tante e diverse sono le pubblicazioni che si sono incaricate di indagare la fenomenologia dell’autore giapponese.

Alle pubblicazioni tutte-immagini e niente cervello pubblicate da Ultra, in spregio al divieto assoluto che lo Studio Ghibli esige sull’utilizzo delle immagini, a meno che non siano destinate su rivista, uno dei pochi libri davvero meritevole d’attenzione è I mondi di Miyazaki. Percorsi filosofici negli universi dell’artista giapponese a cura di Matteo Boscarol e edito da Mimesis. Volume che giunge ora alla sua seconda edizione con tre nuovi interventi, uno dei quali è legato a doppia mandata al ritorno sulle scene di Miyazaki e alla proiezione presso il Museo Ghibli del suo ultimo, chiacchieratissimo, cortometraggio Boro il bruco (Kemushi no Boro, 2018).

Già alla prima apparizione in libreria, I mondi di Miyazaki aveva lasciato un ottimo ricordo nel lettore, merito dei contenuti e degli autori coinvolti nella redazione dei testi, tra cui citiamo il critico di cinema Andrea Fontana (curatore di un saggio dedicato al Ghibli assieme a Enrico Azzano) e Massimo Soumaré, scrittore e traduttore che la materia nipponica la conosce come le sue tasche. Alla sua prima apparizione, soprattutto, il volume curato da Boscarol aggirava la mera saggistica cinematografica entrando in sintonia con le principali opere animate del regista giapponese scegliendo di approfondire temi, ideologie e “sogni” e riuscendo pertanto ad ampliare una prospettiva altrimenti desueta.

Questo secondo viaggio in libreria si presenta quindi oltremodo gradito, in considerazione del fatto che – finalmente – viene tributato un omaggio particolareggiato, “da veri specialisti” dell’ascolto, al musicista Joe Hisaishi e alle composizioni realizzate per le opere di Miyazaki. Lo firma Marco Bellano e il titolo del contributo è “Il vento è cambiato. Le strategie audiovisive di Miyazaki Hayao e Hisaishi Joe in Si alza il vento”. Prima volta molto istruttiva anche quella che il curatore Boscarol ha riservato al fumetto di Nausicaä della Valle del vento: “Attraversare la soglia, il movimento della vita e la vita come movimento. Una lettura del manga Nausicaä della Valle del vento”. È ancora Boscarol a fornire infine una disamina piuttosto affascinante e di “prima mano” del corto Kemushi no Boro regalandoci sensazioni e suggestioni in differita del lavoro di Miyazaki, visibile esclusivamente al Saturn Theater del Museo Ghibli (titolo del saggio: “Il bruco Boro. Un’escursione in mondi sconosciuti e invisibili”).

Con le sue 162 pagine, I mondi di Miyazaki è dunque un piccolo grande libro che ha il sapore dell’avventura e della scoperta. Un contributo a più voci che riconcilia il lettore e lo spettatore curioso a un’idea di saggistica che non è una banale sovraesposizione di chiacchiere da internauti, ma qualcosa di decisamente più appagante.

– Mario A. Rumor

martedì 11 dicembre 2018

Lupin III, giacca verde… e Blu-ray

Non è soltanto frenesia nostalgica. Lupin III è una parte del nostro DNA di esseri viventi occasionalmente capitati dalle parti della Japanimation in un periodo della vita in cui i cartoon “alla tele” volevano dire davvero qualcosa (pressoché ininterrottamente in onda sulle tv italiane dal 1979, come solo Heidi prima di lui). E ti regalavano qualcosa di molto simile alla beatitudine. Lupin ti resta dentro perfino ora che la visione delle sue avventure è diventata una questione “privata” grazie ai box collector in dvd o, come in questo caso, in Blu-ray da vedere e rivedere nella tranquillità domestica. La frenesia nostalgica aiuta semmai con le distinzioni, perché il celebre personaggio inventato nel 1967 dal disegnatore Monkey Punch sulle pagine del settimanale Manga Action starebbe bene in un quadro di Andy Warhol: un colore diverso per ogni stagione televisiva o cinematografica: verde, rosso, rosa, blu. Una giacca colorata al posto del suo nome completo all’anagrafe dei cartoni che la differenza la fa, eccome.

Prendete Lupin The 3rd - La prima serie, che Koch Media e Yamato Video propongono finalmente in un box da collezione in Blu-ray a 3 dischi: banalmente prende il posto di una edizione per l’home video che non ha sempre trovato la lealtà compatta dei fan. Tecnicamente è uno dei Lupin migliori di sempre, “quello dalla giacca verde” che arrivò sulla nipponica Yomiuri Terebi nel 1971 con una faccia gaglioffa e da bon vivant e alla fine si congedò dal piccolo schermo, causa ascolti bassissimi, con un’altra faccia frutto della sinergia da “salvataggio in extremis” della coppia di registi Isao Takahata e Hayao Miyazaki per effetto dei quali il personaggio originale dei fumetti prese a flirtare con l’animazione e la serialità televisiva con amabile leggerezza e ironia.

Se appartenete alla sempre più ristretta categoria di coloro che di una serie vogliono conoscere vita, morte e miracoli, l’edizione Koch Media porta in dote un piccolo booklet di 32 pagine con la sinossi dei 23 episodi della serie, qualche immagine e i disegni preparatori dei personaggi; ma soprattutto consegna ai fan una selezione di testi a firma Francesco Prandoni apparsi nel primo numero del mensile Shin Man-ga! nel novembre 1999 più un ulteriore testo che ci svela i segreti episodio per episodio. Silvia Rebez, altra firma storica del mensile edito da Yamato, propone invece un contributo incentrato sulle armi usate dalla banda di ladri professionisti. Magari non siamo ai livelli delle guide pubblicate in Giappone, roba da salivazione irrefrenabile, ma guai a farsi mancare questa piccola infornata di informazioni di prima mano sulla genesi dell’anime televisivo. Altrove non le troverete.

Dopo tribolazioni mai sopite, i fan non avranno neppure da obiettare sulla notevole qualità tecnica riservata al box. Le immagini sono nitide, i colori hanno una speciale brillantezza e il comparto audio permette di scegliere il doppiaggio italiano, quello storico del 1979, oppure il doppiaggio giapponese con sottotitoli. Dignitosi anche i contenuti extra grazie alla presenza delle sigle originali e file di approfondimento sui singoli personaggi. Il pezzo forte arriva puntuale al disco 3: il pilot film di Lupin III diretto da Gisaburo Sugii con la collaborazione di Tsutomu Shibayama che servì da trampolino di lancio per il futuro televisivo del ladro gentiluomo. Un pilot che si può visionare nella sua versione cinematografica in cinemascope oppure nel formato televisivo. Se non avete mai visto una sola puntata della serie in vita vostra (nel quale caso, siete da ricovero immediato), consigliamo di partire proprio da qui, dal pilot, per poi lasciarsi trascinare nella vita spericolata di Rupan Sansei.

– Mario A. Rumor

lunedì 10 dicembre 2018

Doraemon, un viaggio educativo in Antartide

Doraemon in Giappone è un’istituzione pop, nel 2008 nominato addirittura in una cerimonia ufficiale dal ministero degli esteri «ambasciatore degli anime nel mondo», per promuovere la cultura e l'industria dell'animazione nipponica. L’inequivocabile colore azzurro che si porta dietro da oltre cinquant’anni (il primo manga è uscito nel dicembre 1969) e la tasca marsupiale che contiene ogni ben di dio tecnologico, hanno reso la creatura a fumetti della coppia Fujiko Fujio un beniamino del pubblico. Un accalappia-famiglie che, puntualmente, ogni primavera fa la sua comparsa nei cinema giapponesi e che, grazie a Lucky Red, anche il pubblico italiano può apprezzare a ogni stagione cinematografica. In patria, tra l’altro, gli incassi in miliardi di yen sono diventati negli ultimi anni sempre più cospicui, tant’è che il botteghino, Doraemon, non lo attraversa e basta: lo domina. Dietro c’è il retaggio storico del personaggio, il culto infantile dell’innocenza e dello svago con l’immaginazione ma soprattutto una campagna promozionale da muovere a invidia i distributori occidentali.

Dai fumetti alla tv, Doraemon è diventato un’istituzione anche al cinema, a partire dagli anni Ottanta, quando fu accompagnato per mano dalla bravura e dalla dedizione nei confronti dell’infanzia del regista Tsutomu Shibayama. Un destino su grande schermo che ha contraddistinto quasi tutti i personaggi più cari al pubblico di giovanissimi lettori: da Anpanman di Takashi Yanase al discolo Crayon Shinchan di Yoshito Usui, da Chibi Maruko-chan di Momoko Sakura all’avversario numero uno in sala di Doraemon, Detective Conan, il “piccolo” investigatore inventato da Gosho Aoyama. La serie Doraemon il film ci racconta però molto altro. Questa serie di pellicole fa parte di una new wave iniziata a metà anni Duemila che ha mandato in pensione Tsubayama e arruolato registi più giovani eppure in sintonia con la materia. Una progenie di film più evoluti tecnicamente, con dose mai eccessiva di tecnologie computerizzate, sempre più attenti alla qualità delle animazioni, dei disegni e degli sfondi scenografici. Senza tuttavia disattendere la necessità di proporre soggetti e storie avvincenti.

Il film che Key Films ha presentato in sala nel 2018 è Doraemon il film - Nobita e la grande avventura in Antartide “Kachi Kochi” (Eiga Doraemon: Nobita no Nankyoku Kachikochi Daiboken, 2017). Lo ha diretto un signore di nome Atsushi Takahashi, che gli anime fan potrebbero ricordare per il lungometraggio Blue Exorcist - The Movie (2012), ma che in realtà vanta breve militanza presso lo Studio Ghibli come animatore e assistente alla regia. Una parentesi professionale utilissima dovendo vedersela oggi con un personaggio talmente ben scolpito nell’immaginario collettivo come Doraemon, e tale da arricchire ulteriormente la dimensione artistica di entrambi. In Doraemon il film - Nobita e la grande avventura in Antartide, Nobita soffre indicibilmente la calura estiva di Tokyo. In suo soccorso, Doraemon lo trasporta quindi su un iceberg alla deriva al polo sud dove, oltre al refrigerio, i due trovano modo di inaugurare un variopinto parco dei divertimenti coinvolgendo anche gli amici di sempre: Gian, Suneo e Shizuka. Nel bel mezzo del divertimento, Nobita rinviene un vecchio anello dorato. Un cimelio di epoche passate per svelarne la cui origine, la compagnia deve trasferirsi in Antartide: sotto la coltre ghiacciata fanno così la scoperta di una città antichissima e conoscono una intrepida ragazzina di nome Kara. Takahashi deve aver sentito molto forte il desiderio di costruire un film d’avventura in chiave personale, sia assecondando la tradizione degli “Eiga Doraemon” (i “film di Doraemon”), sia lasciandosi trasportare da una passione nei confronti del gatto di Fujiko Fujio che nutre da tantissimo tempo come artista e come spettatore. Un amore che sullo schermo ha assunto fin dal prologo una forma dinamica precisa e ben congegnata, probabilmente erede della lezione Ghibli, alternando grandiose scene d’azione, inseguimenti con giganti di pietra e un insieme di personaggi “in forma” e catapultati in una trama dal forte valore educativo. Al giovane pubblico, Takahashi fa vedere di che pasta è fatta la grande avventura ma intanto recapita una lezione di geologia inquadrando l’Antartide come se fosse una delle meraviglie di questo mondo. Una forza della Natura, e non un mero sfondo scenografico.

L’edizione in dvd è l’occasione per rimettersi in pari con la fenomenologia animata di Doraemon, qualora aveste perso l’appuntamento in sala lo scorso luglio, in attesa di ammirare il prossimo capitolo Doraemon il film: Nobita e l’isola del tesoro (Eiga Doraemon: Nobita to Takarajima, 2018), altro formidabile campione di incassi in Giappone. Le immagini del dvd appaiono luminose e dai colori sgargianti. Gli extra forniscono, come d’abitudine, il solo trailer. Un limite che, si spera, future edizioni per l’home video, possano bypassare magari proponendo interviste e making of per saperne di più sul personaggio, su Fujiko Fujio e sulla lavorazione dei film, di cui ripotiamo qui sotto il trailer: buona visione!

– Mario A. Rumor

lunedì 3 dicembre 2018

“Mary e il fiore della strega”, magia in home video

È storia di allievi prediletti tutto ciò che riguarda il debutto su grande schermo dello Studio Ponoc, di cui abbiamo parlato su FdC n.273. Un debutto che è cronaca di un’acrobazia nel grande circo dell’industria animata giapponese. Per alcuni, un’acrobazia avventata; per altri un’acrobazia riuscita anche a occhi chiusi. Siccome ergersi a giudici fa ormai parte dell’etichetta mediatica e social di oggi, c’era da aspettarsi un po’ di cautela da parte dei fan nei confronti di Mary e il fiore della strega (Meary to Majo no Hana, 2017). Compresi i pensieri reazionari in merito al doppiaggio italiano, da sempre croce e delizia degli appassionati nostrani (che però tranquillizziamo: qui è fatto bene, senza svolazzi linguistici inutili e da dimensione parallela).

Gli allievi prediletti sono due. Uno è l’impavido produttore Yoshiaki Nishimura, degno discepolo di quel Toshio Suzuki che ha compiuto prodigi nella internazionalizzazione del marchio Studio Ghibli. L’altro è il regista Hiromasa Yonebayashi detto Maro, senza mezzi termini l’animatore preferito da Hayao Miyazaki. Un animatore e regista con angelica faccia da bravo ragazzo al quale Miya-san ha soltanto recapitato un’esortazione promettente alla notizia del suo nuovo film: «Disegna!». Per maggior definizione degli eventi che hanno condotto alla realizzazione di Mary, è sufficiente dire che nel 2014 l’improvvisa chiusura del dipartimento produttivo del Ghibli ha convinto il discepolo a investire in una società uguale e diversa al celebre studio, e il regista-ragazzino a scommettere sul proprio talento dirigendo un nuovo lungometraggio dopo Arrietty - Il mondo segreto dotto il pavimento (2010) e Quando c’era Marnie (2014). Il clan degli ammiratori Ghibli si è rasserenato piuttosto alla svelta dopo aver saputo che nello staff del terzo film da regista di Yonebayashi sono confluiti animatori e disegnatori dello studio, compresi veterani e maestri quali l’art director Kazuo Oga del celeberrimo Il mio vicino Totoro (1988).

Tratto dal romanzo The Little Broomstick della britannica Mary Stewart (in libreria per Rizzoli), Mary e il fiore della strega è una garbata commedia fantasy e avventurosa che può ricordare la malinconia esistenziale di Kiki - Consegne a domicilio (1989). Il fascino discreto della magia, e una bugia di troppo che rischia di trasformarsi in catastrofe, veleggiano in direzione di una portentosa parata dell’immaginazione. Non deve sorprendere se la formale simpatia del film di Yonebayashi tradisce spesso rimandi e riferimenti al cinema del suo maestro. Fa parte del gioco. Ma c’è sicuramente molto di più. Tutti quei riferimenti sono costruiti con grande gusto e notevole professionalità. Non un banale copia-incolla su grande schermo. Mary inoltre fa suo anche il manifesto artistico del Ghibli puntando ad elevata qualità delle animazioni, a immagini splendide, soprattutto quelle paesaggistiche ispirate alla campagna inglese, e – più forte di ogni dissenso – all’intenzione fortissima, mai disattesa, nel raccontare una storia al cinema davvero interessante. Altrimenti, come dice spesso Miyazaki, tanto vale restarsene a casa. I giapponesi, poi, hanno questa volontà di ferro quando producono e realizzano i loro film animati che a Hollywood non si vede con la stessa chiarezza. Il buon risultato riportato da Mary si nota anche in questo aspetto ed è ammirevole la lezione che lo Studio Ponoc vuol portare avanti, proprio ora che il maestro è tornato a ruggire e il Ghibli ha ripreso a lavorare a pieno regime al suo nuovo film.

Lucky Red, dopo averla distribuita nelle sale per un’intera settimana dal 14 al 20 giugno scorso, propone ora la pellicola in dvd e Blu-ray in una edizione impeccabile e di buona qualità, sia nel comparto video che audio. Più che soddisfacenti i contenuti speciali. Rispetto alla modestia delle opere Ghibli in home video, e alla parsimonia mediatica dei suoi principali anfitrioni, a Nishimura e Yonebayashi piace invece raccontarsi e spiegare il dietro le quinte, la fatica e l’entusiasmo del loro lavoro. Sono presenti pertanto la conferenza stampa assieme ai doppiatori originali della pellicola in un simpatico talk davanti al pubblico, il making of, uno speciale sulla canzone del film cantata dal gruppo Sekai no Owari, interviste a regista e produttore, promo e trailer, che trovate anche qui sotto:

– Mario A. Rumor

venerdì 30 novembre 2018

“Akira”, i 30 anni festeggiati anche in home video

Nel 30° anniversario dell’uscita in sala in Giappone (da noi sbarcò nel 1992), il film cult Akira di Katsuhiro Ōtomo è uscito nei cinema italiani la scorsa primavera con il tanto atteso ridoppiaggio e ora tocca all’home video farci rivivere l’emozione.

Esperienza a parte nell’assistere su grande schermo alle strepitose immagini della pellicola (decine furono i disegnatori e gli animatori di Tokyo che chiesero esplicitamente di entrare a far parte dello staff), Akira con nuovo doppiaggio è utile operazione commerciale ma anche estetica. Ci dà l’occasione infatti di confrontare due versioni di uno stesso film e due epoche differenti. La prima è quella dell’edizione giunta a noi grazie a Eagle Pictures nei primi anni Novanta, agli albori della riscoperta in Occidente di anime e manga quando ancora vigeva una certa idea dei cartoon nipponici spesso affatto lusinghiera. La seconda, abilmente messa a nuovo e cavalcata da Dynit con promozione da veri intenditori, rientra a pieno titolo nel periodo che stiamo vivendo, nel quale perfino gli anime sono diventati grandi protagonisti in sala.

Ci arrivano infatti come fenomenologia dall’inesauribile popolarità, e per questo gli appassionati esigono il massimo della qualità e della perfezione. Soprattutto nella loro seconda vita in home video: se Akira 30th Anniversary Edition in box-set (prezzo: 79,90 euro) è una leccornia coi fiocchi grazie a doppio vinile con la colonna sonora, booklet di 50 pagine, locandina del film e cartolina esclusiva, l’edizione steelbook del film è invece un appuntamento apprezzabile a metà. Lodevole la presenza di due dischi in bvd e Blu-ray, in vista però di tale importante traguardo sarebbe stato lodevole dotarsi di contenuti speciali ad hoc... a partire dal booklet interno che è versione ridotta di quello incluso nella precedente edizione per l’home video. Un Akira così mignon non fa molto onore alla grandezza di un film che, come scriveva il mensile inglese Empire, è ancora e sempre “l’anime cult definitivo”.

Per gennaio 2019, Dynit ha annunciato anche una standard edition in Blu-ray e dvd, rispettivamente a 19,99 e 14,99 euro. Per completisti ma non solo. Qui sotto, il trailer per la storica uscita nelle sale italiane della scorsa primavera e una scena:


giovedì 29 novembre 2018

Akira Miyazaki, lo sceneggiatore di anime non c’è più

Aveva una predilezione per i soggetti letterari, Akira Miyazaki. Con Hiroshi Saito, altro grande veterano degli anime, aveva formato una coppia non dichiarata d’impareggiabili autori per il piccolo schermo animato, quasi sempre per Nippon Animation, il celebre studio dietro a Marco, Anna dai capelli rossi, Conan il ragazzo del futuro, Pollyanna e via elencando.

Se n’è andato, “l’altro” Miyazaki (nessuna parentela con il più famoso Hayao), il 25 novembre scorso in un ospedale della prefettura di Saitama all’età di 84 anni (era nato a Tokyo nel 1934), a causa di un male incurabile. Ancora studente, Akira lavoricchia in una casa editrice, frequenta il corso di lingua russa all’università e nel 1961, finalmente, arriva il primo impiego alla Shochiku. Diventa ben presto assistente alla regia di Yoshitaro Nomura e di Yoji Yamada in particolare per poi debuttare egli stesso sul grande schermo come regista dei film Naitetamaruka (1971) e Aoi Tori (1975). In veste di sceneggiatore, molti dorama televisivi negli anni Sessanta, per poi cominciare un interessante percorso nell’industria animata nel 1977 grazie al regista Masaharu Endo che lo coinvolge nelle sceneggiature della serie Il mio amico Rascal. È qui che conosce l’altro kantoku (regista) accreditato della serie, Hiroshi Saito. I due iniziano a collaborare in numerose altre serie famose: Peline Story (1978), Tom Story (1980) da cui la nostra immagine in alto, Lucy May (1982), Le avventure della dolce Kati (1984), Tutte per una, una per tutte (1987), Le voci della savana (1993), solo per citarne alcune.

Ci sono anche film animati importanti da ricordare, da Yuki (1981) a Moomin (1992) diretto da Masaaki Osumi. Del lavoro di entrambi esiste una pubblicazione molto bella, in gran parte illustrata, dal titolo Saito Hiroshi + Miyazaki Akira no Sekai che si può trovare a circa 6500 yen su siti quali Mandarake. Una pubblicazione che è anche disamina cronologica dei lavori dei due artisti e dalla quale di solito sono prelevate le rispettive cronologie che trovate in Rete.

Contrariamente alle aspettative, i principali quotidiani nipponici hanno pubblicato la notizia della scomparsa dello sceneggiatore limitandosi a poche righe. E di conseguenza il rimbalzo sulle pagine on line occidentali è avvenuto alla stessa maniera. Se questo è il “bello” di Internet, sappiate che la cara vecchia carta stampata di Akira Miyazaki e del suo socio in affari infantil-letterari su piccolo schermo non si è mai accontentata di poche righe. Anzi. Doujinshi a parte, e qui gran parte delle fanzine sono dedicate alla dolce Kati (personaggio peraltro piazzato sulla copertina del volume di cui sopra), riviste come Animage in più occasioni hanno posto il giusto accento sul loro lavoro. Esempio: Animage del marzo 1992 dedicò un lungo servizio sulle serie del Sekai Meisaku Gekijo (meglio noto come World Masterpiece Theatre, ovvero gli anime tratti dai capolavori mondiali della letteratura) e il primo box di “ricordi” è occupato proprio da Miyazaki. Un altro numero di Animage, aprile 1999, omaggiò il Meisaku in vista dell’uscita del film di Marco e, anche in quel caso, seguirono numerosi accenni alle serie firmate da lui.

Per aggiungere carne al fuoco, diremo che su Akira Miyazaki e Hiroshi Saito e sul genere “letterario” creato da Zuiyo prima e Nippon Animation poi, ci sono almeno un paio di volumi illustrati difficilmente rintracciabili perfino su Mandarake. Questo per ribadire l’eccezionalità del lavoro di scrittura e regia di Miyazaki & Saito, al pari di altre importanti personalità di solito citate per prime: Isao Takahata, Hayao Miyazaki, Yoshifumi Kondo e il grandissimo character designer Shuichi Seki. Dunque, un altro veterano ci ha lasciati, ma l’eredità artistica e la fortissima impronta umanistica che si è lasciato dietro difficilmente sarà dimenticata.

– Mario A. Rumor

venerdì 23 novembre 2018

“Il castello di Cagliostro” riapre i cancelli

Sì, ma in Francia. In occasione degli prossimi 40 anni del film Lupin III - Il castello di Cagliostro (Rupan Sansei: Kariosutoro no Shiro, 1979), che fu il debutto nella regia cinematografica di un certo Hayao Miyazaki, la società di distribuzione francese Splendor Films porterà il film nelle sale transalpine a partire dal 23 gennaio 2019, con il semplice titolo Le Château de Cagliostro (in Francia hanno infatti qualche problema legale nell’utilizzo del nome “Lupin” e infatti da loro il suo pronipote Lupin III è più noto come Edgar de la Cambriole, in tv Edgar le détective cambrioleur).

La pellicola di Miyazaki non certo ha bisogno di ulteriori presentazioni, dato che da sempre i fan di Lupin III la riconoscono – non a torto – come la miglior opera per il grande schermo ispirata al celebre personaggio creato a fumetti nel 1967 da Monkey Punch anche se tradisce un po’ lo spirito originale del fumetto e dell’amatissima prima serie tv del 1971-72. In Francia pure l’home video ha sempre tenuto in gran conto questo film: nel 2012 Kazé aveva messo in vendita un bel cofanetto con il film in versione Blu-ray e dvd, accompagnato da un disco bonus contenente tre lunghe interviste a Monkey Punch, al character designer Yasuo Otsuka e all’animatore Kazuhide Tomonaga, a cui si deve la superlativa scena dell’inseguimento in Fiat 500 lungo i tornanti. Altra piacevole presenza del collector box, un volumetto di 76 pagine con bozzetti originali, character sketch e qualche pagina di storyboard.

Bravo! quindi ai cugini francesi... e l’inevitabile pensierino della sera per noi italiani: siccome il 2019 è di là da venire, ci auguriamo che anche da noi Il Castello di Cagliostro faccia un salto in sala, come già accaduto nel 2007 grazie a Mikado che lo distribuì in sala con grande successo (e un ridoppiaggio ad hoc). Nel frattempo, qui sotto il trailer del dvd italiano:

giovedì 22 novembre 2018

“Fumo di China” n.280 in edicola e fumetteria

Con una smagliante copertina di Massimo Gamberi che lancia il dossier sulla curiosa incarnazione italo-australiana di Phantom, è arrivato nelle migliori edicole e fumetterie d’Italia FdC n.280.

Dopo un editoriale fra impressioni a caldo e accostamenti inconsueti dalla “bolla di comfort zone” a Lucca Comics & Games, le usuali news dal mondo (quelle meno viste e più importanti in Italia, Francia, Stati Uniti e Giappone, più un approfondimento sui fumetti per ragazzi dell’Editrice Il Castoro), ci focalizziamo su “l’altro” Uomo Mascherato in Australia, con un’intervista a Massimo Gamberi sul suo lavoro su un classico del fumetto e la curiosa storia “parallela” di Phantom agli Antipodi dal nostro corrispondente “dall’altra parte del mondo”.

Poi l’incontro con con Adriano Barone sui suoi Warhol. L’intervista, Nathan Never: Generazioni e i crossmediali Ride (romanzo e fumetto), un’intervista a Elena de’ Grimani (vittima di un’incredibile controversia con Wikipedia Italia) e un nostro breve speciale sui 90 anni di Topolino (con piccolo riassunto delle iniziative per il compleanno del Topo più famoso al mondo e la storia muta inedita 1928 in omaggio, realizzata in esclusiva da Giuseppe Pollicelli & Emiliano Conti), accanto ai 30 anni dei sogni di carta del Sandman di Neil Gaiman (con una lunga disamina sulla serie più atipica mai prodotta dalla DC Comics) e la storia della serie Black Monday (in Italia per Mondadori nella collana Oscar Ink).

Quindi due reportage esclusivi: uno dal festival Firenze Libro Aperto (in particolare sugli incontri dedicati al fumetto), l’altro “dal di dentro” dei tantissimi eventi della più recente Lucca Comics & Games (comprese le mostre di cui pochissimi parlano, raccontate con la consueta passione dal collezionista ed esperto Giovanni Nahmias).

E ancora... 7 pagine di recensioni per orientarsi nel mare magnum del fumetto proposto nelle edicole, fumetterie e librerie italiane. Le rubriche: “Il Podio” (i top 3 del mese), “Pollice Verso” (un exploit in negativo), “Il Suggerimento” (per non perdere uscite sfiziose), “Il Rinoceronte in carica” (la rubrica di Daniele Daccò, tra i fondatori del nuovo portale giornalistico Niente Da Dire lanciato a Lucca insieme a Furibionda e Onigiri Calibro 38), approfondimenti (questa volta su Holly e Benji, B: The Beginning, La storia illustrata da Luca Tarlazzi e Il ponte di Adamo di Luca Novelli), “sFUMature” (la rubrica disegnata di Giuliano Piccininno sul pazzo mondo dei fumetti e dei suoi abitanti) e  “Strumenti” (sulla sempre più numerosa saggistica dedicata a fumetto, illustrazione e cinema d’animazione)!

Tutto questo e molto di più (distribuiti da MePe e acquistabile via PayPal direttamente dal nostro sito!), a soli 4 euro: buona lettura

martedì 20 novembre 2018

BilBOlBul, le mostre e gli autori da vedere

Da giovedì 22 a domenica 25 novembre si svolge nel centro storico di Bologna la XII edizione del Festival Internazionale BilBOlBul dedicato a fumetto e illustrazione. Il programma propone tanti incontri, mostre, tavole rotonde, laboratori, visite guidate e performance, a cui si aggiungono tante iniziative satellite. Ecco di seguito una piccola selezione, rivolta per lo più agli amanti del fumetto.

Uno degli autori protagonisti di quest’anno è il fumettista, pittore e illustratore Guido Buzzelli, visionario precursore dell’avvento dei graphic novel, scomparso nel 1992. A lui è dedicata una mostra con oltre 70 tavole e un buon numero di bozzetti, “Anatomia delle macerie”, inaugurata già a fine ottobre e visitabile sino al 25 novembre presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove venerdì 23 si terrà anche un convegno.

Un altro maestro scomparso del fumetto su cui si puntano i riflettori quest’anno è il grande Jack Kirby. Dal 24 novembre al 5 gennaio, presso la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, sarà possibile visitare “Mostri, uomini, dei”, esposizione che ne ripercorre la carriera. Contestualmente verrà edito un volume, con contributi di autori italiani e internazionali ispirati dal “King of comics” e domenica 25, presso la Sala Magnani di Palazzo Magnani, si terrà un incontro a lui dedicato, intitolato “Ho visto un Re. Ritratto di Jack Kirby”.

La Pinacoteca Nazionale di Bologna ospita altre due mostre di primo piano, con inaugurazione venerdì 23 e aperte sino al 16 dicembre. Una si intitola “Risorse umane” ed è una monografica dedicata al bolognese Francesco Cattani, vincitore di premi a Romics e al Napoli Comicon con l’onirico Luna del mattino, nonché autore del manifesto 2018. “The Dungeon Master”, invece, porta all’attenzione del pubblico italiano il fumettista underground nonché musicista statunitense Mat Brinkman, da noi edito da Hollow Press. Cattani partecipa a due incontri, uno il 22 novembre presso l’Accademia di Belle Arti, dedicato alla riedizione a colori del suo primo libro a fumetti “Barcazza” (Canicola) e l’altro il 23 novembre, presso la Scuola di Lettere e Beni Culturali. Brinkman incontrerà il pubblico il 24 novembre, sempre presso l’Accademia di Belle Arti, in un dialogo con Ratigher.

Il progetto europeo che usa il fumetto per fare comunicazione scientifica ERCcOMICS animerà una mostra e tre incontri. “Alla ricerca della tela infinita”, s’inaugura il 23 novembre all’Accademia di Belle Arti dopo un incontro di presentazione e sino 19 dicembre mostra i materiali originali e condivide i retroscena della produzione delle storie. Il 24 novembre, presso il Centro delle Donne/Biblioteca Italiana delle Donne, le autrici del webcomic “Beauty” Giselinde Kuipers, Eleonora Antonioni e Francesca Protopapa affronteranno la questione dei canoni di bellezza nella nostra società. Domenica 25, in “Esperimenti per immagini”, Tuono Pettinato e altri autori spiegano come il fumetto può mettersi al servizio della divulgazione scientifica, creando intrecci tra reale e fantastico.

Tra gli appuntamenti più interessanti le iniziative in cui coppie di fumettisti dialogano e mettono a confronto storie, stili e tematiche. La mattina del 24 novembre, per “Ri-Generi”, siederanno a un tavolo Federica Bellomi, Elena Pagliani, Gnomo Speleologo, Marco Galli e Marino Neri per discutere dei loro ultimi lavori e di come hanno scelto di adottare e affrontare generi narrativi diversi. Contestualmente le tavole di Bellomi e Pagliani per l’antologia “Materia Degenere” (Diabolo Edizioni) saranno esposte sino al 1° dicembre presso Blu Gallery. Sempre il 24 presso l’Alliance Française di Bologna, a tu per tu fra il francese Lucas Harari e Paolo Bacilieri, nelle cui ultime opere L’attrazione (Coconino Press) e Tramezzino (Canicola) l’architettura ha un ruolo chiave.

Le affinità tematiche verranno esplorate anche dalle tre serate di “Ping Pong - Autori a confronto”, presso Modo Infoshop. Il 22 spazio al dialogo fra Francesca Ghermandi con Ivan Hurricane, autore di I sopravvissuti (Eris Edizioni). Il 24 la tedesca Anna Haifisch e Aniss El Hamouri, che al festival presenta Come un brivido (001 Edizioni), in mostra da Berberè. Il 24 è la volta della la doppia coppia Lise & Talami e i francesi Ruppert & Mulot, di cui sono da poco usciti i rispettivi Il futuro è un morbo oscuro, Dottor Zurich (BeccoGiallo) e Famiglia reale (Canicola). 

Il programma 2018 è ricco anche di iniziative per i più piccoli e il piatto forte è la mostra “Io sono Mare”, dedicata all’omonimo libro a fumetti per l’infanzia di Cristina Portolano per Canicola. È già aperta e rimarrà visitabile sino al 2 dicembre presso il Dipartimento educativo del MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna e il 24 novembre si terranno un laboratorio e una visita guidata con l’autrice.

Menzioniamo poi tre altri laboratori di fumettisti e illustratori, in sinergia con libri usciti di recente. Il 20 novembre Marta Baroni è da Senape Vivaio Urbano con un laboratorio e relativa mostra basati sul suo Uma del Mondo di Sotto (Bao Publishing). Domenica 25 alla Biblioteca SalaBorsa Ragazzi laboratori di Martina Tonello sul libro Case nel mondo (Electa) e Luca Di Sciullo dall’albo illustrato “La Fioraia in mostra” (Topipittori), in mostra dal 21 al 25 al negozio di fiori Fuori dal Mazzo.

Come tradizione BilBOlBul si chiude domenica sera con la possibilità di visitare due nuove stanze dell’albergo bolognese Al Cappello Rosso, che ospita artisti invitati e chiede loro di lasciare una traccia della loro presenza. Quest’anno sarà la volta della francese Amandine Meyer che personalizzerà una stanza intitolata “Ninfeo” con decorazioni pop e colorate, tessuti ricamati, creazioni in ceramica. La seconda camera raccoglierà le illustrazioni dedicate all’hotel firmate dagli ospiti dello scorso anno, con un set creato ad hoc da Luca Di Sciullo.

– Nicola D’Agostino

venerdì 16 novembre 2018

Nuvolosa, concorso e festival di fumetto

Si chiama Premio Nuvolosa il concorso artistico nazionale per la realizzazione di tavole a fumetti che l’Assessorato alle Politiche Giovanili del Comune di Biella organizza in collaborazione con l’associazione culturale Creativecomics di Vercelli.

Rivolto ai giovani tra i 16 e i 35 anni residenti in Italia, il concorso prevede premi in denaro (da 1000, 500 e 300 euro netti), la pubblicazione delle tavole del vincitore sul quotidiano La Stampa, media partner del progetto, e di un catalogo con dieci opere selezionate. La partecipazione è gratuita.
La direzione artistica è a cura di Daniele Statella e Walter Trono, disegnatori professionisti della Sergio Bonelli editore (con collaborazioni alle serie Dampyr e Dragonero), oltre che docenti di tecnica del fumetto di comprovata esperienza. Il concorso si chiude lunedì 7 gennaio 2019 e aspira a essere la prima edizione di questa iniziativa, che si pensa di riproporre con regolarità (cadenza annuale o biennale).

Coronamento dell’iniziativa sarà Nuvolosa, il festival del fumetto a Biella previsto dal 16 al 31 marzo 2019. La premiazione dei vincitori e l’esposizione dei lavori selezionati verranno ospitate da Palazzo Ferrero nel borgo storico di Biella Piazzo. Alle opere in concorso si aggiungeranno una personale di un noto autore e una mostra dedicata a un personaggio dei fumetti. Il weekend di inaugurazione sarà strutturato in modo da attrarre visitatori anche da fuori provincia, con una serie di iniziative collaterali: mostra-mercato con disegnatori di rilevanza nazionale, performance live per il pubblico, presentazioni editoriali, stand di fumetti e gadget, interventi musicali e teatrali specifici sul tema. «Questo progetto», ha spiegato l’assessore alle politiche giovanili Francesca Salivotti, «vuol essere una delle iniziative con cui intendiamo stimolare la creatività e l’intraprendenza dei giovani. Siamo felici di aver trovato partner entusiasti come noi, per consentirci di metterlo in atto». L’iniziativa è realizzata con il sostegno finanziario della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella e con il supporto di Palazzo Ferrero Miscele Culturali. Ulteriori info sul sito ufficiale.

Per maggiori informazioni è possibile contattare l’Informagiovani di Biella, tel. 015.3507380-381, nonché seguire la pagina Facebook ufficiale.

giovedì 8 novembre 2018

I manga annunciati a Lucca (e alcune considerazioni)

Nella grande confusione di valori e affezioni che da molti anni sembra aver travolto il mondo dei manga in Italia, sbandierando appellativi e lustrini da senpai anche a chi non lo merita (più che altro in quanto campioni di marketing), risulta ancora una volta esemplificativo il fatto che la migliore età dei fumetti giapponesi sia quella del passato e che una direzione meno plateale del mercato dovrebbe guardare verso chi realmente sa cos’è il disegno e il fumetto. Confidiamo che si pensi a noi come a dei vecchiarelli, dei nostalgici integerrimi che proprio se ne fanno un baffo del destino industriale dei manga. E in parte alcuni editori la pensano uguale a noi, un pensiero che si aggancia al valore dei fumetti come veri e propri libri da leggere: quindi con formato ad hoc e prezzi non-per-tutte-le-tasche.

Gli annunci ascoltati a Lucca Comics & Games 2018 in materia di manga raccontano il tocco personale di editori grandi e piccoli (questi ultimi già preparati a una forma di resilienza nei confronti dei big) e preparano il terreno alla stagione 2019 componendo un ritratto di estenuante perplessità più che di intrepido spirito innovativo. A parole, per esempio, Planet Manga (la sezione di Panini Comics) è scissa giusto a metà. Da un lato proporrà infatti opere di indubbio valore e interesse (da Inio Asano con Reiraku a Chi no Wadachi di Shuzo Oshimi), rafforzando una compagine deluxe che include Jiro Taniguchi e Gantz di Hiroya Oku a prezzi da billionaire (il primo 110 euro, il secondo a 60). Di Taniguchi, per grazia ricevuta, arriverà anche il racconto fantascientifico in due volumi Chikyu Hyokai Goto Osamu. E ancora: dopo aver visto il film, ora è tempo di leggere il fumetto Kono Sekai no Katsumi Ni della brava Fumiyo Kono, presentato anch’esso con prezzo da bestseller: 26 euro. Un tocco europeo nello stile dovrebbe garantire infine a Tongari Boushi no Atelier di Kamome Shirayama, in 4 volumi, un pizzico di serenità e distensione.

Per niente raffinato, al contrario, è il campionario dei titoli “altri” con i quali Planet Manga si affida a scelte che rappresentano il surrogato più modaiolo e meno interessante. Gronda eccessi il luna park di fumetti quali Koya wa tsuki ga kirei di Kaname Majuro & Sousou Sakakibara, definito un “horror fuori dagli schemi”; oppure Ao no Flag di Kaito, Hone ga kusaru made di Yae Utsumi dove un patto scellerato genera un passato che ritorna. E ancora, come reagire di fronte a Game - Suits no sukima di Mai Nishikata, Mosou Shojo di Yukino Seo e Sister to Vampire di Akatsuki? Rispondiamo così: routine da ipermercato, dove l’ammirazione per il “bel tratto” e storie che producono dibattiti da permanenza forzata sotto il casco dalla parrucchiera continuano a proiettare una visione del fumetto giapponese al 90% senza speranza.

Di sicuro sessualità e identità di genere, qui e in alcune opere annunciate da J-Pop (il ramo manga delle Edizioni BD: Sore wa tada no senpai no chinko di Youichi Abe, Kinoko Ningen no Kekkon di Kei Murayama e Yarichin Bitch Club di Tanaka Ogeretsu), sembrano un ideale cover-up sociologico per cambiare i connotati ai gusti del pubblico e movimentare la carriera dei manga in Italia. In bene o in male, si vedrà. In realtà il colpo grosso di J-Pop si chiama Osamushi Collection: tutta dedicata a Osamu Tezuka, per noi vecchiarelli dovrebbe trasformarsi in momento topico nel poter rispolverare in lingua italiana classici del calibro di Delitto e castigo, Ludwig B, Neo Faust e soprattutto I bon bon magici di Melmo. In un’altalena di classici e autori moderni di culto (davvero di culto), J-Pop ha annunciato quindi tre opere di Shotaro Ishinomori: l’edizione deluxe di Miyamoto Musashi, Ryu delle caverne e Cyborg 009 - God’s War nell’edizione definitiva conclusa da Masato Ayase & Jo Onodera, che di Ishinomori è il figlio. Spazio a Go Nagai con Shutendoji, mentre tante sono le opere di cui discutere in futuro: Poison Ivy e Noise di Tetsuya Tsutsui, Le montagne della follia di Go Tanabe da H.P. Lovecraft, la fiaba dark Girls from the Other Side di Nagare e il buon Taiyo Matsumoto che torna con Le Chats du Louvre.

Decisissima a non arretrare di un passo, la Hikari Hikari (la sezione manga di 001 Edizioni) di Tezuka ne ha in serbo parecchio: Lost World, Next World e Metropolis e, promette, almeno altri dieci titoli del dio dei manga. Ancora in gioco Go Nagai, di cui sono state annunciate le storie fantascientifiche in volumi da 450 pagine.

A una Star Comics generosa di titoli di ogni colore, forma e genere come la collega Planet Manga ma che interessano tragicamente ben poco, (tranne forse una nuova edizione di Lamù di Rumiko Takahashi: di nuovo viva il passato) il consiglio è di guardare altrove. Quasi in periferia. Se non siete negli “anta” e neppure nostalgici ma avete fiuto per il buon fumetto, le proposte fatte da Dynit e Coconino Press passano per le virtuose del momento. È una piccola prova a carico, ma significativa, che farsi la guerra per accaparrarsi autori di grido non serve a niente. Immaginiamo lo stupore di un qualsiasi ammiratore del manga ganzo e cool al cospetto di queste righe, ma vecchiarelli siamo e la nostra stima vorremmo destinarla a opere che lascino davvero il segno, e non accumulino polvere negli scaffali. Scorrendo la lista dei titoli Coconino, più di una volta sale il cuore in gola: Tsurita Kuniko (mai pubblicata fuori dal Giappone), Yoko Kondo con Takara no Yome e Itsukushi no kubi, e ancora Takehito Morizumi con Mimi wa Wasurenai, Masahiko Matsumoto con I fanatici del gekiga, Kazuichi Hanawa con la ristampa dell’introvabile In prigione, Palepoli di Furuya Usamaru (di cui diciamo soltanto che gli americani lo conoscono già dai primi anni Duemila, della serie: non è mai troppo tardi). In arrivo Kentaro Ueno (Sayonara mo Iwazu ni), Kazuo Kamimura e Hideo Okazaki (Shinanogawa), Suehiro Maruo (L’inferno in bottiglia, Tomino la dannata). Per andarci giù leggeri e tornare nei lidi dei fan dei manga cool e ganzi, Coconino propone Stop! Hibarikun di Hisashi Eguchi. In pratica: un classico. Si tratta quasi esclusivamente di proposte da volume unico, e la promessa è quella di pubblicare un manga al mese. Sarà dura pazientare ma il gioco vale decisamente la candela. Occhio però a non confondere tutto questo ben di dio con la solita esaltazione/esultazione da fumetto “d’autore”. Potrebbe anche essere o non essere, ma se volete conoscere un volto diverso (e uguale) del Giappone questa è la sola strada da percorrere.

Anche Dynit non si sottrae al festival delle papille gustative iper-stimolate. La loro linea di fumetti è un distaccamento solido, come dimostrato nei mesi passati, e sicuramente grazie alle scelte editoriali di Asuka Ozumi gli annunci fatti a Lucca vanno ben oltre parole & promesse e si situano in linea con un’idea di fumetto capace di offrire spettacolo e far riflettere. I titoli dei manga annunciati in alcuni casi sono un benvenuto a gente già conosciuta: Kenji Tsuruta (L’isola errante), Moyoco Anno (Insufficient Direction), Tsutomu Takahashi (Zankyo), Yoko Kondo (Una donna e la guerra). A questi si aggrega un Olimpo degli artisti piuttosto allargato che fa posto a Minoru Furuya (Grexis), Yuki Urushibara (Suiiki), Est Em (Gli stolti odiano il rosso, La donna degli udon), Masakazu Ishiguro (Getenro) e Shinzo Keigo (Holiday Junction). Dunque, per ora da Lucca Comics & Games è giunta una interminabile lista di nomi di autori e titoli. Alla parata seguirà l’abbuffata: nel mezzo ci saremo noi. La competizione a chi farà meglio è aperta.

– Mario A. Rumor 

martedì 6 novembre 2018

Una rivista speciale per Isao Takahata

Cose che solo i cugini d’Oltralpe si dilettano a fare. Se il molto amato Hayao Miyazaki sarà protagonista di ben quattro nuovi saggi in lingua francese da qui ai primi mesi del 2019, anche Isao Takahata, suo compagno d’avventure animate e amico di una vita (a cui Cartoon Club ha dedicato il libro The art of emotion tuttora apprezzato e ordinabile qui), non sarà da meno.

Un ricordo ormai postumo a diversi mesi dalla scomparsa, avvenuta lo scorso 5 aprile. In Giappone si erano praticamente attivati quasi subito, tra riviste e libri. Ora tocca alla Francia, terra d’elezione culturale del maestro dell’animazione. La redazione di Eclipses, piccola rivista di approfondimento cinematografico, farà uscire entro quest’anno un numero interamente dedicato al regista di Heidi. La copertina (come si vede nella foto qui sopra) sarà dedicata al suo ultimo capolavoro La storia della principessa splendente (2013). I tipi di Eclipses avevano dedicato un numero monografico anche a Miya-san nel 2009 intitolato Hayao Miyazaki - L’Enfance de l’Art (sul n.45, 142 pp. a 10 euro).

Editorialmente piuttosto attiva anche la Spagna con libri illustrati e divulgativi (Mi vecino Miyazaki, Diàbolo Ediciones) e la collana Biblioteca Studio Ghibli dedicata da Héroes de Papel ai suoi film. A quando operazioni del genere anche in Italia? Qui sotto la sequenza forse più emozionante dell’ultimo film del Maestro:


lunedì 5 novembre 2018

Corto Maltese finalmente “dal vero” al cinema!

Che fosse fan sfegatato di fumetti d’ogni genere e nazionalità, si sapeva. Christophe Gans, il 58enne regista di film quali Il patto dei lupi (2001) e La bella e la bestia (2014) in effetti s’era dato da fare già a inizio carriera con una sua versione del Crying Freeman di Ryoichi Ikegami (il cui primo numero del manga è in uscita per J-Pop dopo l’anteprima a Lucca Comics & Games) nel lontano 1995.

Ora che di strada ne ha fatta, imponendosi come autore estremamente cinefilo, Gans ha fatto il colpaccio esaudendo un vecchio sogno di gioventù. Ossia, portare su grande schermo nientemeno che Corto Maltese, il celeberrimo marinaio creato da Hugo Pratt nel 1967. La notizia ha fatto rapidamente il giro del mondo, solleticando l’immaginazione degli appassionati di entrambe le fazioni: cinema e fumetto. Anche perché i nomi principali del cast sono già stati resi ufficiali da un teaser poster (qui sopra) e quindi già si può fantasticare, dopo decenni di tentativi mai andati in porto: dai primi incontri con Luigi Scattini a metà anni Settanta e poi Folco Quilici, più Steven Spielberg (a Parigi nel 1980 ma anche a Losanna dieci anni dopo) e i progetti di Gabriele Salvatores nel 1995 e di Claude Gorsky nel 1997 per un film con Christopher Lambert (anche se Pratt avrebbe preferito Fabio Testi), nonché una successiva sceneggiatura di Giovanni Mezzedimi (che avrebbe potuto anche esserne protagonista) e Gilles Taurand nel 2009 dal titolo Alla ricerca di Corto Maltese.

Il protagonista avrà il volto dell’attore inglese Tom Hughes, ammirato da Gans nella serie tv Victoria. Rasputin sarà interpretato da James Thierrée. Tra le presenze femminili ci sarà anche Milla Jovovich che ritrova così anche il suo storico produttore Samuel Hadida di Resident Evil. In questi mesi il casting procede spedito e in trattativa ci sono attori quali Michelle Yeoh e il buon vecchio Mark Dacascos, con Gans già proprio in Crying Freeman e Il patto dei lupi.

Alla sceneggiatura William Josef Schneider, mentre tra i collaboratori dietro le quinte del regista francese troveremo nomi importanti del cinema europeo: l’art director Alain Bainée, il compositore Fernando Velazques, la costumista Joan Bergin. Produce appunto Samuel Hadida grazie a Davis Film in associazione alla spagnola TriPictures. Le riprese avranno inizio il prossimo gennaio 2019 e il secondo sogno più grande di Gans, e dei suoi finanziatori, è quello di trasformare Corto in un franchise cinematografico, come Star Wars o i film Marvel. Della serie: quando il cinema è in crisi, come al solito tocca al fumetto dare una mano…

sabato 3 novembre 2018

40 anni di Goldrake in Italia, in home video

In arrivo il 22 novembre nelle librerie italiane l’edizione defintiiva di UFO Robot Goldrake (UFO Robo Gurendaiza, 1975). C’è un compleanno importante da festeggiare, 40 anni dalla prima messa in onda italiana il 4 aprile 1978 sulla Rete 2 (poi semplicemente Rai 2), e han fatto le cose in grande. Un super classico lungamente atteso nel formato Blu-ray disponibile fra ora e il 13 dicembre in due box con 4 e 3 dischi blu, mentre l’edizione in dvd ne conterà 7 e 6 (con gli episodi 1-28 e 29-52 rispettivamente: il terzo cofanetto uscirà a gennaio). Distribuisce Koch Media in partnership con Yamato Video: una collaborazione che sta facendo un gran bene agli anime nelle sale cinematografiche italiane per 2-3 giorni e poi in home video.

Ritrovare anche Goldrake, dopo la prima serie di Lupin III, è dunque un nuovo incentivo a proseguire su questa strada. Con packaging accattivante, le illustrazioni del veterano Kazuhiro Ochi, l’edizione in full HD raccoglie tutte le 74 puntate della serie, comprese le 3 inedite mai trasmesse alla tv nostrana con doppiaggio storico rimasterizzato e sottotitoli fedeli all’originale. Presenti anche le due sigle dell’anime e un imperdibile booklet di 32 pagine con illustrazioni e sketch preparatori.

In Italia Goldrake ha goduto sempre di una popolarità tutta sua, perfino in negativo a causa di tutte le inutili polemiche piovutegli addosso nel corso degli anni. Un successo superiore a quello ottenuto in Giappone, dove il capostipite della trilogia Mazinga Z (Mazinger Z, 1972) è sempre stato il titolo creato da Gô Nagai più amato anche in termini di sequel e rifacimenti per il mercato dei video o il cinema. Non a caso il tanto chiacchierato reboot di Goldrake, parola di Nagai, stenta a decollare ancora adesso in mancanza di un’idea forte. Nella genesi di questa serie ha contato parecchio il successo di Mazinga Z, al termine del quale Nagai si preparava a fare qualcosa di “geniale” e gli venne così in mente un gigante d’acciaio questa volta proveniente dallo spazio. In quel periodo anche Toei Animation era in fibrillazione nella speranza di piazzare in televisione una nuova serie animata che facesse da traino alla commercializzazione di modellini e giocattoli. Nagai partì allora da un piccolo film realizzato nel 1969, Uchu Enban Daisenso, e rimise mano al design dei personaggi, prelevando da Mazinga Z il protagonista Koji Kabuto (nel primo doppiaggio italiano ribattezzato Alcor dall’edizione francofona) che infilò con mestizia autoriale nella trama del nuovo UFO Robot Goldrake.

Come spiegato in un’intervista al mensile Animeland, l’autore del manga si limitò a lasciare la progettazione e la lavorazione della serie a Toei Animation, per quindi dare vita a una versione a fumetti totalmente indipendente. Toei dal canto suo ebbe la lungimiranza di affidarsi a stagionati sceneggiatori che seppero lanciarsi con agilità nel dramma e nel coté più leggero e ironico, vera chiave del successo della serie; soprattutto si affidarono, quasi a occhi chiusi, al talento emergente di due chara designer come Kazuo Komatsubara e Shingo Araki, assieme al quale artisticamente stava sbocciando una giovane di nome Michi Himeno. La Himeno, arruolata nello staff dell’anime grazie alla Araki Production, farà il suo debutto di fuoco proprio alla corte di Goldrake prima come intercalatrice e quindi come animatrice. Per chi desidera saperne di più sulla serie cult ci sono il saggio di Massimo Nicora, C’era una volta Goldrake (Società Editrice La Torre) oppure Goldrake. Il primo robot non si scorda mai di Alessandro Montosi (Iacobelli). Se conoscete la lingua francese, invece, imperdibile il poderoso saggio Gô Nagai - Mangaka de légende di Jérôme Wicki.

– Mario A. Rumor

lunedì 22 ottobre 2018

“Iroiro: il Giappone tra pop e sublime”

Giorgio Amitrano
“Iroiro. Il Giappone tra pop e sublime”
brossurato con alette, 240 pp in b/n
DeA Planeta Libri, € 16,00

Un libro così poteva scriverlo soltanto lui. Ci perdonerà Giorgio Amitrano (nel foto qui in basso) se rubiamo un suo ricordo privato, e un frammento di prefazione. Nipponista di fama, professore di letteratura giapponese all’Orientale di Napoli e traduttore di scrittori come Banana Yoshimoto, Haruki Murakami, Kenji Miyazawa e Yasunari Kawabata, in effetti Amitrano ha posto rimedio in un colpo solo a una insopportabile mancanza. Un libro sul Giappone come questo serviva davvero, e lo si attendeva con impazienza. Per riprendere le confidenze offerte nella sua prefazione, d’altro canto, Iroiro. Il Giappone tra pop e sublime è l’esaudimento di un intimo desiderio che l’autore covava da parecchio tempo. Scrivere cioè un saggio su quel mondo, così lontano ma ormai così vicino, che non fosse un mero esercizio accademico, bensì un percorso libero dal rigore scientifico allo scopo di raccontarlo anche a un pubblico di non specialisti sul filo di un fascino ostinatamente in bilico nelle sue declinazioni più popolari o contradditorie.

Dopo poche pagine, Iroiro lo abbiamo subito immaginato come un coltissimo manuale di istruzioni per meglio avvicinare quella cultura e un popolo che riteniamo di conoscere ma così non è. Un manuale di istruzioni a cui basta perfino un haiku o una poesia di Kenji Miyazawa, scritta alla sorella morente, per fornire una chiave di accesso, una scorciatoia decisamente intellettuale, ma mai soverchiante, per penetrare un mondo intero in cui un singolo termine (e prendiamo giustappunto “iro”, colore, che raddoppiato a comporre il titolo di questo libro diventa “varietà”) si apre a una molteplicità di interpretazioni e significati.

Iroiro. Il Giappone tra pop e sublime è un impareggiabile memoir delle sensazioni, delle suggestioni e delle scoperte che Amitrano riporta in prima persona raccontando spesso la sua esperienza di vita e lavoro nell’Arcipelago, tra Tokyo e Osaka, lasciando scivolare abilmente a partire da questa alcuni temi (scrittura, cerimonia, bellezza, stagioni, karaoke), attraverso i quali si diramano poi direttrici prelevate dalla letteratura, dal teatro, dalla cultura pop (non crediate che manga e anime restino in disparte…), dal cinema o da antiche tradizioni che, proprio lì, assurgono a vera e propria arte. Un’altra immagine che viene in mente leggendo questo saggio è quella dei resoconti dal Giappone di Italo Calvino pubblicati in Collezione di sabbia (1984). Uno sprofondare raffinato in quella cultura che è totalizzante.

È proprio questa abilità che ha Amitrano a rifuggire l’usuale, senza cioè mai trattare il Sol Levante nell’ovvia maniera che ci si aspetta di leggere (e purtroppo libri così ne esistono parecchi in circolazione che fanno del banale turismo verbale), a dare al suo Iroiro una piacevolezza zen e una familiarità con le guest star coinvolte che instaurano una certa urgenza nel lettore invogliandolo a fare ammenda nei confronti di colpevoli mancanze. Nel nostro caso, talvolta andando ad affrontare sfide impervie, magari con il recupero del Genji Monogatari nella nuova traduzione di Maria Teresa Orsi per Einaudi, oppure riprendendo in mano il tosto Kenzaburo Oe. Con la segreta speranza di partecipare, proprio come durante una sessione di karaoke, alla medesima esperienza passionale di Amitrano, senza provare imbarazzo o timore di sfigurare al cospetto dell’autore.

Mario A. Rumor


17° International Animation Day a Rimini!

Dal 2002 ASIFA, l’associazione che riunisce gli autori di cinema d’animazione in tutto il mondo, ha creato l’IAD (International Animation Day) per onorare la nascita del cinema d’animazione a cui abbiamo dedicato il dossier di FdC n.273, riconosciuta nella prima esibizione pubblica di immagini in movimento proiettate: il Teatro Optique di Emile Reynaud a Parigi il 28 ottobre 1892. ASIFA coordina e aiuta a promuovere l’IAD in tutto il mondo, mettendo l’arte dell’animazione sotto i riflettori in una celebrazione mondiale. Negli ultimi anni questo evento è stato celebrato in oltre 50 Paesi, in tutti i continenti del mondo.

Cartoon Club, il Festival Internazionale del Cinema d’Animazione, Fumetto e Games che si svolge ogni anno a Rimini dal 1985, da diversi anni partecipa a questo appuntamento. Quest’anno aspettiamo bimbi e famiglie domenica 28 ottobre alle ore 14.30 – come sempre a ingresso libero! – presso il cineteatro Tiberio per assistere a “Cartoon Kids”, una proiezione speciale di cortometraggi selezionati dal festival Cartoon Club tra i più divertenti e pluripremiati arrivati al Festival nel corso delle ultime edizioni. Il programma completo a questo link.

L’animazione include una vasta gamma di approcci, tecniche e obiettivi. Creato disegnando, dipingendo, animando pupazzi e oggetti, usando argilla, sabbia, carta e computer, lavorando con più narrazioni e non narrativi, riflettendo una varietà di temi e performance, presentati su una varietà di piattaforme. Tutto ciò conferma che l’animazione è un mezzo straordinario e potente di arte, espressione culturale e comunicazione. E, come mezzo di narrazione visiva, può comunicare attraverso culture senza linguaggio verbale. È veramente un mezzo per la connessione culturale. ASIFA si impegna a sostenere le opportunità di scambio e celebrazione offerte da questo evento: «Stimolando le dinamiche e le collaborazioni tra capitoli, gruppi e agenti di diversi Paesi, cerchiamo di aiutare a collegare gli animatori gli uni agli altri, celebrando la nostra forma d’arte unica e portando l’arte dell’animazione al grande pubblico».

Ogni anno, ASIFA invita un importante animatore a creare il poster per la Giornata Internazionale dell’Animazione. Viene quindi adattato per ogni paese al fine di garantire una visione globale dell’evento. Il poster del 2018 è stato generosamente creato da René Castillo di ASIFA Mexico e dal suo studio di animatori: gli animatori del suo studio hanno contribuito ai volti visti nel poster
che prestavano le loro mani agli stili, alle espressioni e ai mezzi rappresentati ed esprimendo il potenziale creativo e diversificato dell’animazione. Tra gli artisti Misael Barbosa, Mario Ruiz, Ricardo Niño, Emilia Castillo, Sofía Carrillo, Ángeles Vargas, Christian Alain, Juan Pablo Becerra, Eliant Elias e lo stesso René Castillo.

mercoledì 17 ottobre 2018

Il mondo di Jacovitti in mostra ad Aosta

Sono oltre 250 i disegni originali del grande Benito Jacovitti esposti dal 27 ottobre 2018 al 28 aprile 2019 nella prestigiosa sede del Centro Saint Bénin via Festaz 27 ad Aosta, attraverso cui sarà possibile ricostruire il percorso di una carriera durata quasi sessant’anni che ha portato l’artista (nominato Cavaliere dal presidente Scalfaro nel 1994) a creare alcuni personaggi indimenticabili che hanno accompagnato intere generazioni di ragazzi. Ed è rivolta in particolare ai ragazzi che lo hanno amato e a quelli che non lo hanno conosciuto (e che lo faranno con questa mostra) tutto il percorso espositivo creato appositamente per l’occasione, puntando in particolare sui personaggi che lo hanno reso unico e inimitabile.

Schizzi, vignette, tavole di fumetti e illustrazioni compongono l’articolato susseguirsi dei disegni della mostra con alcune vere “chicche” che si potranno vedere in originale per la prima volta. Tra queste alcune tavole realizzate per oggetti promozionali, 60 disegni di figurine realizzate nel 1954 per l’albo “Genti d’ogni paese” de il Vittorioso in cui l’estro di Jacovitti spazia in giro per i 5 continenti raffigurando a modo suo ogni popolo. Ricche di fascino sono alcune tra le prime tavole disegnate negli anni Quaranta per il Vittorioso e altri giornali, veri esempi di calligrafismo disegnato. Tra queste spiccano per bellezza i disegni di “Pippo e la guerra”, “Mandrago”, “L’Onorevole Tarzan”, “Pippo in montagna”, “Giacinto corsaro dipinto” e “Oreste il guastafeste” di recente tornate in possesso della figlia.

Un viaggio attraverso la lunga carriera dell’artista - tuttora celebrato da una succosa collana in edicola di cui abbiamo parlato in modo approfondito su FdC n.272 -  con i suoi infiniti personaggi e molti disegni esposti per la prima volta, in una mostra ideale per divertirsi con le intramontabili surreali e brillanti trovate di Jac. Curatori della mostra sono l’esperto Dino Aloi e Silvia Jacovitti, con la collaborazione di Milko Dalla Battista, Fiorenzo Grasso, Claudio Mellana e Alessandro Prevosto.

martedì 16 ottobre 2018

“Fumo di China” n.279 in edicola e fumetteria

Con una bollente copertina di Emanuele Taglietti e un Wallestein che lancia il dossier completo sulle risorte collane di Vintagerotika, è arrivato nelle migliori edicole e fumetterie d’Italia FdC n.279, con 4 pagine extra in omaggio!

Dopo un editoriale sul recente (e repentino) cambio di direzione a Topolino e la mostra per i 70 anni di Tex con la nuova collana del ranger da giovane, le usuali news dal mondo (quelle meno viste e più importanti in Italia, Francia, Stati Uniti e Giappone, più un nuovo Festival Culturale del Fumetto), ci focalizziamo sul progetto Vintagerotika, con un’intervista al curatore Luca “Laca” Montagliani, un’analisi su tutte le testate e un’intervista a Emanuele Taglietti.

Poi l’incontro con Alfonso Elia e Sebastiano Vilella sulla nuova versione del loro Spasmox: Torbido, gli orrori della realtà indagati da Carlo Gubitosa che incontriamo per il nostro consueto approfondimento sul graphic journalism, un’intervista esclusiva a Carmine Di Giandomenico (nostrano “estro all’estero” appena passato da Flash a Batman), nonché quattro chiacchiere con Alessia Bogdanich (che dal fumetto allarga la sua produzione a 360 gradi) e Luca Pozza (che ci racconta il fumetto Bang Balls nei suoi sviluppi editoriali fino alla riedizione deluxe per Edizioni Di).

Quindi un’attenzione per il romanzo storico de La Coccarda Rossa (e sul percorso dell’avventura nella storia del nostro Paese), una lunga analisi di Children of the Whales (e sulla forza dei sentimenti narrata dal manga all’anime) e su come il recente fumetto italiano racconta i rapporti carnali e affettivi (da Alessandro Baronciani a Emanuele Rosso, a Cristina Portolano). Incontriamo infine Marco Schiavone sul rilancio in grande stile delle Edizioni BD (con le etichette J-Pop Manga, Edizioni Dentiblù e Hazard Edizioni).

E ancora... 7 pagine di recensioni per orientarsi nel mare magnum del fumetto proposto nelle edicole, fumetterie e librerie italiane. Le rubriche: “Il Podio” (i top 3 del mese), “Pollice Verso” (un exploit in negativo), “Il Suggerimento” (per non perdere uscite sfiziose), “Il Rinoceronte in carica” (la rubrica di Daniele Daccò, tra i fondatori del portale giornalistico Orgoglio Nerd e che si appresta a lanciare un nuovo progetto insieme a Furibionda e Onigiri Calibro 38 alla prossima Lucca Comics & Games), approfondimenti (questa volta su Artemisia, Gun Frontier, Chiisakobe e due nuovi libri su Hugo Pratt) e “sFUMature” (la rubrica disegnata di Giuliano Piccininno sul pazzo mondo dei fumetti e dei suoi abitanti)!

Tutto questo e molto di più (distribuiti da MePe e acquistabile via PayPal direttamente dal nostro sito!), a soli 4 euro: buona lettura!