lunedì 23 settembre 2019

La prima asta al mondo dedicata a Bonvi

Urania Casa d’Aste, in occasione di Lucca Comics & Games e in collaborazione con l’Archivio Bonvicini, organizza la prima asta al mondo dedicata a Franco Bonvicini in arte Bonvi (1941-95), celebre creatore delle Sturmtruppen.

Il fumettista modenese è stato uno dei disegnatori umoristici più famosi d’Italia, grazie alle sue Sturmtruppen, a Nick Carter, alle Cronache del Dopobomba... Il suo successo è iniziato nel 1968 proprio a Lucca, dove ha presentato al mondo i suoi buffi soldatini tedeschi: nella cittadina toscana si terrà ora la prima asta al mondo di sue tavole originali: Urania Casa d’Aste batterà ben 62 pezzi che rappresentano il meglio della sua produzione.

Una selezione delle tavole migliori sarà esposta presso la chiesa S. Maria dei Servi durante i cinque giorni di festival. I visitatori potranno ammirare pagine originali delle Storie dello Spazio Profondo e delle Cronache del Dopobomba, disegni di produzione dei “fumetti in T.V.” di Nick Carter ideato apposta per SuperGulp!, strisce delle Sturmtruppen e altri materiali provenienti dall’Archivio Bonvicini e mai esposti prima d’ora. Un’imperdibile carrellata nella produzione di uno dei più grandi geni del fumetto italiano.

L’evento sarà mercoledì 30 ottobre 2019 alle ore 14 presso la Domus Romana in via Battisti 15 a Lucca. Al catalogo monografico dedicato a Bonvi seguiranno come di consueto lotti di grandi autori del fumetto e dell’illustrazione come Hugo Pratt, Bill Sienkiewicz, Milo Manara, John Buscema, Vittorio Giardino, Floyd Gottfredson e Charles Schulz. Il catalogo completo della 12° asta Urania sarà disponibile sul sito ufficiale dal 1° ottobre 2019. Qui sotto, un vecchio filmato in cui Bonvi in persona racconta il suo lavoro... buona visionen!

domenica 22 settembre 2019

“Modest Heroes”, piccoli grandi eroi di tutti i giorni

Netflix ha presentato in Italia l’omnibus dello Studio Ponoc Modest Heroes (Chiisana Eiyu: Kani to Tamago to Tomei Ningen, 2018). Un’antologia di tre corti che fa seguito al loro primo lungometraggio Mary e il fiore della strega (Meary to Majo no Hana, 2017) e posta al centro di un’attività si spera a lungo termine nel cinema di animazione da parte dello studio fondato nel 2015 da Yoshiaki Nishimura. La pellicola, nonostante la sua forma antologica, in Giappone è stata distribuita in cento sale e negli Stati Uniti ha goduto di regolare distribuzione grazie alla società GKids e alla sua ben oleata attività di promozione del cinema d’animazione non di lingua inglese (un catalogo che vanta i film dello Studio Ghibli, Jean-François Laguionie, Alexandre Heboyan, Claude Barras, Kitaro Kosaka, Masaaki Yuasa, Tomm Moore, più molti altri). Modest Heroes porta la firma di nomi noti dell’industria: Hiromasa Yonebayashi (con tre lungometraggi all’attivo di cui due con lo Studio Ghibli), Yoshiyuki Momose (da oltre trent’anni al servizio del Ghibli) e Akihiko Yamashita (rispettato animatore e oggi promettente autore).

Lo Studio Ponoc deve in parte la sua nascita all’annuncio che nel 2013 Hayao Miyazaki fece in merito al suo definitivo ritiro dalla scena animata, salvo poi ripensarci. La chiusura del dipartimento di produzione dello Studio Ghibli nel 2014 aveva lasciato oltre 150 tra disegnatori, animatori e artisti del disegno a vario titolo senza più una dimora sicura. Un piccolo esercito di professionisti con ancora una gran voglia di continuare a fare cinema sulla scia di quanto prodotto con Miyazaki e Takahata. Pur dovendo ricominciare da capo, Yoshimura e Yonebayashi hanno trovato nuova sistemazione, sostegno economico e una credibilità per dare vita ai progetti desiderati. Sulla scia Ghibli va intesa non soltanto con la superba qualità delle immagini e delle animazioni dei celebri film dello studio, ma soprattutto come coerenza artistica all’insegna di storie solide da raccontare e notevole capacità espressiva nel portarle sul grande schermo. Altra lezione che i giovani dello Studio Ponoc hanno appreso, e subito riconvertito in pratica, è la consapevolezza di non dover per forza abbracciare uno stile unico e distintivo ma, come ha insegnato Takahata con gli ultimi due suoi film (I miei vicini Yamada del 1999 e La storia della Principessa Splendente del 2013), uno stile sempre pronto a defilarsi dalla ordinarietà dell’animazione o dalla rassicurante bellezza estetica dei film Ghibli per trovare nuovi ragioni d’essere.

In Ponoc amano raccontare storie per bambini, sanno di dover evitare l’attrito pericoloso della banalità e ripetitività degli anime e sognano un cinema che vada bene sia ai grandi che ai piccini. Per questo è nato il progetto di Modest Heroes. Non un esperimento, ma una tappa evolutiva all’interno del loro personale processo di creazione. Qualcosa che, come ha spiegato il produttore Yoshiaki Nishimura alla stampa americana durante il lancio del film, andava fatto in quel particolare momento della loro esistenza e in quella particolare forma. Il progetto del film, inizialmente intitolato Life, prevedeva la realizzazione di quattro corti diretti dai signori di cui sopra in aggiunta a Takahata, venuto a mancare prima della lavorazione. Modest Heroes tratta della vita, della nascita e della forza che ogni giorno troviamo in questa vita. Talvolta grazie a eroi veri – non quelli dei cinecomics – che ci stanno attorno e di cui non ci accorgiamo. Il quarto corto, racconta ancora Yoshimura, doveva riflettere sul tema della morte, ma quest’ultima è stata più svelta di qualsiasi ispirazione portandosi via Takahata.

I corti di Modest Heroes, nell’ordine Kani no Kanino, Samurai Egg e Invisible, sono a conti fatti tre diverse espressioni del coraggio. Nel primo due fratelli granchio partono alla ricerca del padre trascinato via dalla corrente impetuosa del ruscello in cui vivono. In Samurai Egg un bimbo allergico alle uova combatte ogni santo giorno contro la sua patologia grazie anche a una madre eroica. Nell’ultimo Invisible, un uomo invisibile si ritrova a salvare acrobaticamente un bimbo mentre è a bordo del motorino. I tre registi si son scelti ambientazioni che in parte riflettono il loro personale background: lo scenario un po’ fantasy un po’ realistico di Yonebayashi è quello tecnicamente più impegnativo, soprattutto nell’animazione dell’acqua del ruscello o dei giganteschi pesci che lo abitano. L’ambiente domestico e scolastico in cui si muove il bimbo di Samurai Egg ricorda le atmosfere, l’uso dei colori e il design dei personaggi che Momose aveva proposto all’epoca di Ghiblies, i corti prodotti dallo Studio Ghibli nel 2000. Quanto a Yamashita, questa sua seconda regia stilisticamente differisce dal corto Chuuzumou per il Museo d’Arte Ghibli e propone un campione di quella differenziazione espressiva ed estetica dello Studio Ponoc di cui si diceva. Sicuramente, il suo è il corto più ammirevole dei tre. Nell’insieme, Modest Heroes conferma – almeno nella tecnica – di essere un degno figlioccio dello Studio Ghibli, e ora non resta che attendere il 2020 e il loro contributo animato per celebrare le Olimpiadi di Tokyo.

– Mario A. Rumor

venerdì 20 settembre 2019

I racconti di Simenon nell’arte di Carcupino

Da domani alle ore 16 in presenza della presidente dell’associazione F.N. Carcupino cioè la figlia Stefania, l’editor Giorgio Pinotti per Adelphi (che dal 1993 pubblica i libri di Maigret in Italia) e l’autrice cinetv Susanna Francalanci al Wow Spazio Fumetto di Milano fino a giovedì 31 ottobre la mostra “Il Commissario Maigret. I racconti di Simenon nell’arte di Carcupino” è una mostra dedicata alle tavole di Fernando “Nusci” Carcupino (1922-2003) realizzate per illustrare i romanzi inediti del Commissario Maigret, pubblicati sul settimanale Grazia di Mondadori nella seconda metà degli anni Sessanta.

La figura di Maigret era in quel momento rappresentata nell’immaginario collettivo da Gino Cervi, grande interprete di una fortunata serie tv in onda sulla RAI nel 1964-65. Carcupino riprende quel Maigret e lo rende protagonista di una straordinaria serie di tavole che rientrano in un felicissimo momento della sua produzione. Le ambientazioni parigine, le immagini dal taglio cinematografico, la scelta del colore, l’uso dei contrasti cromatici, l’indagine psicologica sui personaggi si concretizzano nella definizione degli spazi o nella “fotografia” di particolari momenti o atteggiamenti. La maestria tecnica e una grandissima profondità dello sguardo insieme a un gusto sorprendente per l’impostazione delle scene rendono queste tavole una raccolta preziosa.

Attraverso le “tavole di Maigret” si intende poi promuovere ancora l’opera di Carcupino illustratore, un artista che si è misurato in vari generi e tecniche, dall’illustrazione, al fumetto, alla pittura e ha sempre raggiunto altissimi risultati espressivi e creativi. Nella sua lunga carriera artistica si è dedicato in modo particolare alla pittura: ha creato un linguaggio pittorico riconoscibile in qualunque modalità si esprima, nei nudi, nei paesaggi, nelle nature morte, uno stile che molto deve alla conoscenza della tradizione artistica e figurativa europea, ma molto anche alla frequentazione della musica, in particolare del jazz, nella composizione e nell’improvvisazione sui temi.

Oltre alle illustrazioni del Commissario Maigret, di Carcupino sono molto note le tavole sulla Grande Guerra, pubblicate su Epoca sempre per Mondadori nel 1965, sotto la direzione di Enzo Biagi, alle quali l’associazione dedicata al grande autore nato a Napoli da famiglia milanese ha già dedicato alcune mostre, ma anche le tavole per il Calendario di Frate Indovino, pubblicate per una quindicina d’anni verso la fine della sua carriera.

domenica 15 settembre 2019

“Fumo di China” n.290 in edicola e fumetteria

Tornato puntuale dopo il doppio estivo, è arrivato in tutta Italia nelle migliori edicole e fumetterie il nuovo FdC n.290, con splendida copertina inedita di John Bolton per celebrare la sua Shame disegnata per la collana USA scritta da Lovern Kindzierski!

A seguire un editoriale “per ripartire con nuovo slancio” con un mini reportage sulla passata edizione di Cartoon Club e Riminicomix con i premi del festival, le usuali news dal mondo (quelle meno viste e più importanti in Italia, Francia, Stati Uniti e Giappone, più la preziosissima rubrica sulle “Tavole in mostra” di fumetti in Italia e non soltanto) e la storia con i retroscena editoriali delle due avventure di Tintin sulla Luna, il dossier mensile si focalizza su un particolare “Dietro le quinte del fumetto“ tra Dylan Dog e superpoteri, zombi e Star Wars con un’intervista a tutto campo con Stefano Landini sul suo lavoro in Italia e Stati Uniti.

Poi spazio all’incontro esclusivo con il grande disegnatore inglese John Bolton che racconta il “dietro le quinte” delle sue produzioni più recenti, un affettuoso ricordo di Massimo Mattioli nella serie di esclusivi ritratti “visti da vicino” curati da Giuseppe Pollicelli, un particolare approfondimento di Dino Battaglia in formato kolossal (finalmente celebrato da una grande mostra a Città di Castello) firmato dall’esperto Gianni Brunoro, quindi una chiacchierata su Chet Baker a fumetti con i suoi biografi a fumetti Marco Di Grazia e Cristiano Soldatich, nonché la nostra prova diretta “sul campo” del gioco da tavolo dedicato a Kick-Ass e dettagli gustosi sul lungometraggio animato di Penguin Highway, distribuito anche nelle sale cinematografiche italiane lo scorso inverno.

Infine, le nostre abituali 7 pagine di recensioni per orientarsi nel mare magnum del fumetto proposto nelle edicole, fumetterie e librerie italiane, insieme alle rubriche “Il Podio” (i top 3 del mese), “Pollice Verso” (un exploit in negativo), “Il Suggerimento” (per non perdere uscite sfiziose) del poliedrico Fabio Licari, oltre a “Niente Da Dire” (la nuova rubrica curata dall’omonimo portale di divulgazione lanciato da Daniele Daccò, Furibionda e Onigiri Calibro 38), approfondimenti (questa volta su Brush Work di Junichi Hayama più Le Théâtre de A e Le Théâtre de B di Asumiko Nakamura), “Il senso delle nuvole” (con le puntute osservazioni di Giuseppe Peruzzo), “Strumenti” (sulla sempre più numerosa saggistica dedicata a fumetto e illustrazione: Mickey 90. L’Arte di un Sogno, Dalla parte dei buoni. La vita e l’opera di Renzo Calegari e Tex. 70 anni di un mito)... e le strisce fra satira e ironia di Renzo & Lucia con testi & disegni di Marcello!

Tutto questo e altro ancora su FdC n.290 (distribuito in edicola e fumetteria da Me.Pe. e acquistabile via PayPal direttamente dal nostro sito), a soli 4 euro nel tradizionale formato 24 x 33,5 cm (fin dal nostro sbarco in edicola, giusto 30 anni fa) con 32 pagine tutte a colori: buona lettura!

giovedì 5 settembre 2019

“City Hunter” al cinema, uguale a 30 anni fa

City Hunter 30 anni dopo: all’appello non manca niente e nessuno. Perfino il martello da 100 tonnellate è riapparso più gagliardo che mai sullo schermo, in City Hunter: Private Eyes, quarto film animato dedicato al re del mokkori Ryo Saeba realizzato per celebrare i 30 anni anni della messa in onda della serie animata avvenuta su Yomiuri Terebi nel 1987 (appena uscito anche nei cinema italiani grazie agli “Anime al Cinema” di Nexo Digital e Dynit). Un evento che ha scongelato i vecchi ricordi dei fan, tanto che già si guarda all’appuntamento dei 35 anni della pubblicazione del manga creato da Tsukasa Hojo e che con ogni probabilità porterà un nuovo anime tv.

City Hunter è stato il coronamento della carriera di Hojo, avviata nel 1980 con il fumetto Ore wa otoko da! (“Sono un uomo!”) e poi esplosa sulle pagine del settimanale Weekly Shonen Jump grazie alle avventure delle sexy ladre di Cat’s Eye. L’avventura a fumetti di Ryo è durata 8 anni, ha venduto oltre 50 milioni di copie per poi raggiungere il vertice grazie all’anime prodotto da Sunrise: 140 episodi, 3 lungometraggi e alcuni special tv. Il nuovo film distribuito in Giappone lo scorso febbraio ha incassato oltre un miliardo di yen (circa 12 milioni di euro) ed è transitato anche nelle sale italiane sulle note di Get Wild, la storica sigla della serie.

Incuriosito come gran parte del fandom dal nuovo film, Hojo ha sempre considerato City Hunter l’estensione giovanile di se stesso come autore di manga. Ammette che oggi faticherebbe a stargli fumettisticamente dietro (e infatti dal 2017 c’è Kyo Kara City Hunter disegnato da un emulo di nome Sokura Nijiki sulle pagine di Comic Zenon). Invece l’animazione non demorde mai, neppure al cospetto di questo formidabile personaggio abilissimo nel proteggere gli indifesi, con il solo perdonabile difetto di non riuscire a trattenere la sua passione per il gentil sesso: di qui quel mokkori quale perfetta espressione visiva del suo irrefrenabile “entusiasmo”. Chiamato in causa nel 2018, mentre la lavorazione procedeva sotto le sapienti mani del veterano Kenji Kodama, Hojo si è detto disponibile a collaborare in qualunque modo con la nuova pellicola. Ma era soprattutto felice di ritrovare lo stesso clima di 30 anni fa, dallo staff di animatori e disegnatori, alle voci dei personaggi che nel nuovo film, in Giappone come in Italia, hanno richiamato in servizio quasi tutti i doppiatori storici. Oltre a Ryo e Kaori Makimura, ritroviamo il gigante Umibozu e Saeko Nogami nel loro Cat’s Eye... più tre guest star d’eccezione: proprio le proprietarie del locale a loro intitolato!

Kodama ricorda bene quale benedizione è stata incrociare sul proprio cammino Hojo. In principio c’era stata la seconda stagione di Occhi di gatto nel 1983 (quella a onor del vero meno amata dal pubblico), quindi City Hunter che lo ha tenuto sulla breccia per anni, prima di cedere al fascino del moccioso di Detective Conan e relativi film campioni di incasso. Kodama aveva diretto City Hunter a briglia sciolta, imprimendogli uno stato d’animo e un senso dello spettacolo impermeabile al trascorrere del tempo. Si era trovato talmente a suo agio con la serie da scherzarci pure sopra, arrivando addirittura a mostrare in uno degli episodi una lapide tombale con il suo nome inciso sopra. Ritrovare Ryo dopo così tanto tempo deve essergli sembrato un gioioso déjà vu, grazie alla presenza di parecchi collaboratori di allora, più alcune nuove leve che erano giovanissime quando la serie andò in onda. Tra action e comicità, così ben collaudate da non farci avvertire il passaggio del tempo ma che in effetti Kodama aggiorna ai tempi tecnologici di oggi, due sono le novità più grosse di City Hunter: Private Eyes. Una è la storia originale scritta da Yoichi Kato (noto per Yo-Kai Watch) appositamente per questo film, e in cui Saeba deve proteggere la modella Ai Shindo dalle minacce di loschi individui. L’altra è il character design curato da Kumiko Takahashi, in sostituzione della ben più amata Sachiko Kamimura: l’animatrice in carica dal giorno uno della serie tv e fedelissima allo stile di disegno di Hojo. Fedele eppure in grado di lasciare un tocco femminile in un serial che in teoria doveva piacere soltanto ai maschietti.

Non di solo mokkori si vive, però. Ne è convinto assertore Akira Tamiya, la vera star di City Hunter. Alla veneranda età di 72 anni, Tamiya-san è tornato a essere la voce di Ryo: vertice di una carriera intrapresa quasi cinquant’anni fa accanto a leggende quali Yasuo Yamada (la storica voce originale di Lupin III) e Goro Naya (voce nipponica dell’ispettore Zenigata). Tamiya sognava il teatro, invece è finito dietro un microfono interpretando personaggi stravaganti tipo il lottatore di wrestling di Kinnikuman o il leggendario Kenshiro di Ken il guerriero. Tamiya-san ha da tempo scoperto il fascino segreto di Ryo Saeba: un mix di commedia e serietà, che lo fa apparire gentile e premuroso ma anche totalmente fuori di testa. Per il ruolo in Private Eyes, l’attore ha tuttavia atteso una settimana prima di accettare, preoccupato di come affrontare il personaggio dopo una così lunga pausa. Con il sostegno del produttore di allora di Yomiuri TV Michihiko Suwa, che ha continuato a supportarlo anche dopo la conclusione della serie, Tamiya ha lavorato un intero anno prima di entrare in sala di registrazione. Qui ha ritrovato i vecchi compagni di lavoro compresa Kazue Ikura, la voce di Kaori, e il tempo si è magicamente riavvolto su se stesso. E se è vero che, come afferma lo stesso Ryo, un uomo come lui “è necessario in questa città”, Tamiya-san gli fa eco ripetendo una sua ferrea convinzione. E cioè: di Ryo Saeba c’è incredibilmente ancora molto da scoprire.

– Mario A. Rumor

lunedì 2 settembre 2019

“Paperinik. Le origini del mito” in edicola

La Gazzetta dello Sport e il Corriere della Sera, in collaborazione con Giunti Editore, presentano ogni giovedì la collana “Paperinik, le origini del mito”, dedicata a uno dei personaggi Disney più amati dai lettori. Parodia di supereroe, irresistibile, buffo, fuori dagli schemi, Paperinik è nato nel giugno 1969 grazie a un’intuizione tutta italiana – ideato da Elisa Penna, sceneggiato da Guido Martina e disegnato da Giovan Battista Carpi – ed è protagonista di centinaia di splendide storie nelle quali trovano riscatto le immancabili sconfitte del suo alter ego, lo sfortunato Paperino.

La collana di RCS Quotidiani è imperdibile per i nostalgici ma godibilissima per i neofiti, che scopriranno le fantasiose avventure del papero mascherato – nato sulla scia del televisivo Dorellik del 1966 dopo l’enorme sucesso dell’epocale Diabolik del 1962 già seguito dall’alternativo Satanik nel 1964 – con tutta la sua travolgente simpatia, in edizione cronologica fin dalla prima storia.

Gli indimenticabili fumetti dell’alter ego di Paperinik sono raccolti in volumi di alta qualità editoriale e grafica, con copertine vintage e impreziositi da contenuti inediti, retroscena e schizzi e dalle rubriche del curatore, il “nostro” giornalista Fabio Licari, e del critico Luca Boschi, grande esperto Disney e già dietro le quinte delle maggiori collane “collaterali” ai quotidiani italiani.

Il primo volume è uscito lo scorso giovedì 29 agosto al prezzo speciale di 2,99 euro oltre al prezzo del quotidiano e contiene la prima spettacolare avventura “Paperinik il diabolico vendicatore”, pubblicata su Topolino n.706 l’8 giugno 1969, seguita dalle altre due storie successive: “Paperinik alla riscossa” (1970) e “Paperinik torna a colpire” (1971). Tutti gli altri volumi costeranno 6,99 euro, oltre al prezzo del quotidiano.... a questo punto, buona lettura!