domenica 31 gennaio 2021

Una “Fumettoteca dei Ragazzi” in ospedale a Forlì

La fumettoteca Alessandro Callegati “Calle” di Forlì (unica realtà del genere nella regione Emilia-Romagna) ha donato oltre 1200 volumi e albi a fumetti al reparto di Pediatria dell’Ospedale Morgagni-Pierantoni, primo passo per inaugurare la “Fumettoteca dei Ragazzi” all’interno del reparto ospedaliero.

Una iniziativa atipica ed esclusiva che, grazie alla donazione mossa dalla volontà di fare un regalo ai piccoli ospiti della struttura, offre la possibilità ai degenti di avvicinarsi al vasto mondo dei fumetti, per divertirsi in compagnia di personaggi come Topolino, Paperino, il Giornalino, Cocco Bill, Lamù, Tex, Magico Vento e tanti altri. La Fumettoteca si è resa inoltre di sponibile ad eventuali altre collaborazioni con il reparto. «Il regalo che lo staff della Fumettoteca di Forlì ha voluto fare oggi alla Pediatria del nostro ospedale – ha spiegato il primario di Pediatria, Enrico Valletta – è di quelli che non passeranno inosservati. Un numero davvero incalcolabile di bellissimi fumetti che, siamo certi, accompagneranno i bambini e renderanno meno pesanti i momenti trascorsi durante il ricovero o nelle sale d’attesa dei nostri ambulatori. Senza nasconderci che, con tutta probabilità, verranno apprezzati anche da molti genitori... Ciascuno di noi sa quanta forza creativa e quanto stimolo all’immaginazione e alla fantasia ci possa essere dentro ogni albo di fumetti».

Moltissimi i fumetti donati che la fumettoteca di Forlì ha potuto elargire, anche grazie alla recente ricca donazione del “Fondo Alessio Legramante”, giunta da Frascati a Roma, formata da una collezione privata del prof. Alessio Legramante che dal 1970 al 1998 ha ricoperto la carica di Primario dell’Ospedale di Frascati. Casualità, con questa iniziativa vari albi e volumi del prof. Legramante rimangono legati al mondo ospedaliero. La fumettoteca non è nuova infatti a questo tipo di donazioni ed è forte del successo già riscontrato, quando aveva contribuito ad arricchire la nuova Biblioteca Scolastica del plesso Zangheri di Ca’Ossi a Forlì, con la donazione di altre centinaia di fumetti.

martedì 26 gennaio 2021

“Patria. Crescere in tempo di guerra” a fumetti

Le parate sportive in divisa, l’obbligo di scrivere lettere ai soldati al fronte durante le ore di lezione, il culto della figura del Duce, le rappresentazioni vestite da contadinelle. Sono solo alcuni aspetti della propaganda fascista “seduta” sui banchi di scuola, con le sue di persuasione e un processo continuo di indottrinamento al credo fascista. Anche Graziella Mapelli cresce in questo clima dominato dalla guerra e dal rigore ideologico. Come tanti coetanei, Graziella è una bambina costretta a diventare grande in fretta. Patria. Crescere in tempo di guerra (BeccoGiallo, 224 pp, 19 euro), uscito lo scorso 14 gennaio, è un graphic novel di formazione in cui, accompagnati per mano da Graziella, facciamo conoscenza di come i bambini degli anni Trenta vivevano tempo libero, scuola, manifestazioni di paese e con quale orecchio furono abituate ad ascoltare le trasmissioni radiofoniche: ogni aspetto della loro giovane vita contribuisce al lento e inesorabile inculcare dell’ideologia fascista.

Attraverso ricordi e pagelle, articoli di giornale, foto e cartoline d’epoca, la nipote Bruna Martini ricostruisce passo dopo passo l’infanzia di zia Graziella, immergendosi nell’album di famiglia che diventa, pagina dopo pagina, una preziosa indagine storica sull’intera nazione. In un tempo dominato dal desiderio di governi autoritari, Patria è una testimonianza che vuole offrire un contributo alla discussione sul fascismo e le sue tecniche di propaganda, per riconoscerle e imparare a combatterle. 

In particolare, Patria è un graphic novel di formazione che segue le vicissitudini di Graziella, una ragazzina educata nel credo fascista, costretta a crescere in fretta in un clima dominato dalla guerra e dal rigore ideologico. Attraverso il punto di vista della protagonista, il racconto esplora il processo di indottrinamento dei giovani operato dal regime, analizza le tecniche di persuasione della scuola dell'epoca, e fa luce sui principali aspetti dell'ideologia e della storia fascista. Il libro unisce disegni a pastello e acquarello con oggetti di epoca fascista: da vecchie fotografie a lettere dei soldati del tempo, da articoli di giornale a pagelle, quaderni e libri di testo usati nelle scuole del Ventennio. Un altro modo di leggere, documentarsi e riflettere sulla Shoah e le ideologie.

Graziella è la zia di Bruna, ha 88 anni e vive a Lecco, dove si è trasferita per sfuggire agli orrori della guerra. Ha lavorato come ragioniera per 40 anni. 10 nipoti e 11 pronipoti, oggi è felicemente in pensione. Bruna nata a Lecco e vive a Londra, un decennio di esperienze nel campo animazione e illustrazione, suoi cortometraggi e illustrazioni ottenuto premi in festival internazionli e trasmessi in tv nel Regno Unito. Qui sotto, Graziella si racconta in esclusiva:


martedì 19 gennaio 2021

“Io sono Beethoven”, una biografia a fumetti

Attendibile ed essenziale. Una biografia in occasione di una celebrazione ce la aspettiamo così. Se poi è persino divertente, allora l’opera è davvero intonata. La scientificità accademica non è il primo tratto di “Io sono Beethoven”, la biografia a fumetti del geniale compositore, scritta e disegnata da Alessandro Polito con sfondi e colori di Laura Pederzoli, ma il libro (nella collana Curci Young delle Edizioni Curci di Milano) è basato su un’accurata ricerca storiografica e iconografica, omaggio a fumetti per i 250 anni dalla nascita di un genio della musica.

Già autori della fortunata serie Herr Kompositor su cui FdC li ha più volte incontrati, Polito & Pederzoli spingono i tasti dell’ironia per raccontare ai più giovani (ma anche ai più adulti e smaliziati, specie quelli che non si fanno arrestare dal pregiudizio sulle “nuvolette”) i fatti salienti della vita del musicista: l’infanzia a Bonn, i maestri e i mecenati, le donne amate sino alla maturità viennese. Ma ci sono soprattutto i grandi incontri – con Haydn, per esempio, dalle cui mani «raccoglierà lo spirito di Mozart» – e gli scontri di un uomo che ha fatto la storia non solo della musica eppure è stato sempre in perenne lotta con il destino e con la società. Anche la raffigurazione di Polito ce lo restituisce così: un po’ “ingrunito”, quasi sospettoso, compreso il ciuffo ribelle che ne nasconde una parte del viso, quasi a volersi celare anche dal mondo che lo attornia.

E chissà che direbbe di questa versione lo Schroeder dei Peanuts, il fanatico appassionato di musica e ossessionato proprio da Ludwig von Beethoven, che perde la pazienza ogni volta che Lucy lo interrompe mentre suona al pianoforte ed è in trance mentre ascolta la Nona Sinfonia del grande compositore tedesco (di cui spesso si vedono i pentagrammi con le note esatte!)...

Il libro è arricchito da una playlist disponbile su Spotify e Apple Music, che introduce il lettore all’universo sonoro di Beethoven e fa da commento musicale alle vicende narrate. Il risultato è un viaggio avvincente nella storia del musicista che più di ogni altro ha fatto della ribellione l’essenza stessa della sua arte immortale.

Polito, compositore perfezionatosi all’Accademia di Santa Cecilia, pianista, direttore di coro, filosofo e Ph.D, autore di saggi musicologici, comic artist e game designer. Nel 2004 ha ideato Herr Kompositor, il primo metodo di composizione musicale a fumetti.

Pederzoli, maestro d’arte in grafica pubblicitaria, storica dell’arte e Ph.D. Si occupa di e-learning, visual e web design, è autrice di numerose pubblicazioni sul tema e ha ideato la Certificazione Matrice Dumas. È color artist e color designer di Herr Kompositor.


venerdì 15 gennaio 2021

“Lamù - Only You”, il primo film non si scorda mai

La questione dei punti di vista è la via più diplomatica per trarre d’impaccio quei film, forse non particolarmente riusciti, che però hanno qualcosa di interessante da raccontare. Prendiamo Only You (1983), il primo lungometraggio della serie Lamù, la ragazza dello spazio (Urusei Yatsura, 1981), che di punti di vista ne ha ben due: quello del regista e quello degli appassionati. Per colpe decisamente non sue la pellicola continua a navigare a vista nell’immaginario degli anime fan, oscurato da quel Beautiful Dreamer (1984) che Mamoru Oshii realizzò attirando una volta per tutte le attenzioni su di sé, e trovando una scusa ufficiale per lasciare lo Studio Pierrot, presso il quale lavorava, e diventare un autore-incognita finalmente libero di realizzare i progetti che desiderava. Compresi quelli surreali e filosofici che la sua filmografia anni Ottanta illustra così bene. Contro ogni perplessità, il cinema si affezionò in fretta all’aliena Lamù e ai suoi strampalati compagni di scuola (l’allupato darling Ataru Moroboshi, il nobile Mendo, Shinobu, Megane). Non tanto per le vicende inseguite sullo schermo, quasi sempre a trazione romantica, quanto per l’ovvia repetita iuvant circa il successo raccolto dall’anime televisivo una volta andato in onda su Fuji Television nell’autunno del 1981.

In realtà già dal 1978, quando il fumetto di Rumiko Takahashi fece sapere al mondo quanto era divertente, il piccolo schermo lo aveva adocchiato per eventuale adattamento animato. Quando le cose si fecero ufficiali, Yūji Nunokawa, presidente dello Studio Pierrot (realtà emergente in animazione), decise di affidare la regia della serie a Oshii. Autore ancora emergente in televisione ma ansioso di realizzare qualcosa davvero “suo”. Urusei Yatsura sul piccolo schermo da principio urtò non poco i lettori del fumetto, non trovandoci la sostanza del manga. Una miscela esplosiva di infuocate lettere indirizzate a Fuji Tv si alternò a ben più inquietanti minacce, come ai tempi dei rasoi inviati per posta alla doppiatrice di Lady Oscar. Va detto che per qualche secondo Oshii rischiò sul serio l’allontanamento: i dirigenti del network ricordavano ancora bene quel primo episodio con il seno di Lamù magnificamente esibito e mai coperto nonostante le pressioni. Infischiandosene degli ascolti zoppicanti, Oshii proseguì invece per la sua strada. E fece bene. Urusei Yatsura gradualmente riprese quota. Due uomini lo aiutarono a risollevare l’umore del grottesco guazzabuglio di adolescenti e cronache extraterrestri della serie: Kazunori Ito, chiamato a sceneggiare alcuni episodi; e l’attore Shigeru Chiba con la sua interpretazione di uno dei personaggi meno in vista nel fumetto, Megane, ma astro nascente nella serie animata e contraltare riflessivo dello stesso Oshii (e tale resterà nel film Beautiful Dreamer). Questo e molto altro fece lievitare gli ascolti al 27%.

Oshii restò in carica come regista fino all’episodio 129 e la produzione passò dallo Studio Pierrot alla Studio Deen. Nel mezzo, tra alti e bassi, trovarono posto i lungometraggi. Only You rappresentò alla perfezione il clima un po’ incerto e raffazzonato dell’ingresso nel cinema di Lamù: un mondo in cui le idee non mancavano, gli animatori in gamba neanche ma un capitano degno di portare in porto l’impresa no. Non è chiaro se il regista designato fosse stato in un primo tempo Takashi Annō, animatore che legherà il suo nome ancora all’universo di Takahashi (esempio supremo: Maison Ikkoku Cara dolce Kyoko). Ciò che invece apparve chiaro durante la lavorazione, fu la precisa volontà di Nunokawa e di Tadashi Oka (il dirigente più in vista di Fuji Tv) di consegnare Only You a Oshii per una sorta di continuità formale con la serie televisiva. Una volta accettato l’incarico, Oshii trovò parte del lavoro già pronto: la sceneggiatura e il personaggio di Elle (la rivale in amore di Lamù nel film) piuttosto ben definito sulla carta e sotto il profilo grafico. Il regista tuttavia si dichiarò subito scontento desiderando apportare delle modifiche - che fecero infuriare la sceneggiatrice Tomoko Konparu, futura penna al servizio di Osamu Dezaki - e dovendo peraltro lavorare in condizioni precarie e tempi stretti di consegna: appena cinque mesi. Un margine che tuttavia all’epoca era normalissimo per un lungometraggio animato.

Oshii vedeva Only You come un episodio televisivo espanso, niente di più. La trama ricalcava la struttura delle avventure televisive, le gag erano vagamente le stesse e perfino i volenterosi animatori talvolta furono messi in disarmo (vedere alla voce Koji Morimoto, animatore che nel film lavorò senza però essere accreditato). Egli preferì così ridurre il tutto a un’ora e venti, tagliando molte scene ripresentate poi l’anno successivo in una versione director’s cut ds 101 minuti soltanto per accontentare i fan che, da soli, si erano ampiamente dichiarati soddisfatti dei risultati. A maggior ragione se si considera che tra i sostenitori più accaniti figurava la stessa Rumiko Takahashi, ancora oggi irremovibile sulla superiorità di Only You rispetto agli altri cinque film dedicati a Lamù. Le diatribe tra lei e il regista non sono diventate leggendarie, ma esistevano fin dalla messa in onda della serie, e non si sono dissipate. Anche i colleghi di Oshii colsero le fragilità del suo lavoro piuttosto che lasciarsi contagiare dall’entusiasmo degli appassionati: Shūsuke Kaneko (noto per i due Gamera del 1995 e 1996) trovò per esempio controproducente l’effetto parodia, mentre il buon Hayao Miyazaki, che aveva l’occhio lungo, si limitò a riscontrare una certa familiarità tra gli ingranaggi dell’orologio nella torre del liceo Tomobiki e quelli del suo Lupin III - Il castello di Cagliostro (1979).

Nella storia di Only You, dove l’aliena Elle torna sulla Terra per reclamare il suo sposo Ataru grazie (o per colpa di) un gesto innocente occorso tra lei e il ragazzo durante l’infanzia, c’è sicuramente un forte retaggio televisivo ma esiste anche molta più consapevolezza cinematografica di quanta Oshii desideri ammettere. Il ritmo folle della sequenza iniziale con la consegna delle missive e il sentimento fracassone di solidarietà dimostrato dagli amici a Lamù (personaggio che Oshii faticò a inquadrare in Tv e che esaltò poeticamente nei sogni di Beautiful Dreamer) per riscattare il suo darling sono a conti fatti un buon primo passo per un autore che sapeva, e voleva, fare di più. Il film Only You è tornato in home video italiano in una bella edizione Blu-ray, dominata dalla locandina illustrata all’epoca da Takahashi, per Koch Media. La pellicola è presentata nella sua versione cinematografica ma anche in quella estesa di 101 minuti (con doppio audio, originale e italiano, e scene sottotitolate). Un’occasione imperdibile per guardare da due prospettive differenti il film più amato di Takahashi e, al tempo stesso, osservare l’ascesa creativa di un uomo mai soddisfatto di sé come Oshii.

— Mario A. Rumor