Vorrei proprio vederlo, un futuro storico della critica fumettistica (ammesso che questo ramo dello scibile meriti in futuro una qualche attenzione) come tratterà Le anime disegnate di Luca Raffaelli: saggio che, uscito nel 1994 con l’editore Castelvecchi, rieditato e in parte rifatto nel 2005 per minimum fax e ora riproposto, ulteriormente rivangato, da Tunué (cartonato, 304 pp in b/n, € 28,00).
Un autentico libro “vivo”, anzi vivacissimo perché, se l’originario sottotitolo «Il pensiero nei cartoon da Disney ai giapponesi» si fregia ora anche di un «e oltre», c’è da tener presente in più la sua dovizia di immagini, assenti alla prima edizione; ma soprattutto le considerazioni introduttive di grande ragionevolezza, quali «tutto è cambiato, con il web prima e lo smartphone poi» e subito dopo quella fondamentale: «i pensieri, le filosofie dei cartoni animati che questo libro vuole comprendere e indagare sono tutte ancora lì. [Salvo] le novità che negli ultimi anni davvero aggiungevano qualcosa di nuovo rispetto alle tematiche classiche, sia per qualità sia per originalità».
Rimane in piedi dunque la robusta ossatura dell’impianto, basata su quel sottile gioco di parole di intendere animé – contrazione giapponese dell’americano animation – come anime, che senza l’accento vale filosofie, che stanno alla base del concetto di animazione. Filosofie che Raffaelli “interpreta”, nel momento in cui le descrive, sintetizzandole in tre filoni fondamentali. Uno per tutti, è la filosofia di Walt Disney: rendere adulta l’animazione, ampliandone il vocabolario e le capacità espressive, così non da interpretare la realtà, bensì di inventarne una parallela, grazie allo studio e alla scoperta di regole grafiche che a suo tempo hanno rifondato l’animazione. Tutti contro tutti sarebbe invece il minimo comun denominatore caratterizzante la Warner, principale concorrente Disney (con altri), i cui successi si devono ad animatori come Chuck Jones, Tex Avery, Robert Clampett, che hanno saputo rivoluzionare i canoni vigenti negli scorsi anni Quaranta, sviluppando un’animazione basata su un geniale surrealismo e su sequenze di inarrivabile dinamismo: concettuale e nella concitazione dei movimenti nell’animazione stessa. E alla fine il Tutti per uno, l’ipotetico motto dove il libro di Raffaelli si fa ancora più originale, dedicato all’anime, ossia il «cartone animato» giapponese, oggi imperante e proteiforme. Qui l’atteggiamento dell’autore è del tutto anticonformista rispetto alle idee correnti, cioè a quanto sui “cartoni” giapponesi si è detto fin troppo spesso. Le sue sono del resto idee originali concepite grazie alle visite personali agli studios giapponesi (in confronto a interventi passati, basati su idee magari preconcette). Secondo Raffaelli (e giustamente), gli anime sono molto più ricchi di umanità di quanto affermino i disinformati o i superficiali e le serie animate televisive hanno successo perché i loro autori sanno cogliere lo spirito del tempo, parlando all’«anima» degli spettatori, specie gli adolescenti.
Un libro che è divenuto subito un classico, e rimane imperdibile ancora a 25 anni dalla prima uscita (a maggior ragione per le integrazioni fino a questa terza).
– Gianni Brunoro
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