Come Heidi, Marco e Peline Story prima di lei, Akage no An rientrava a buon diritto nel genere del Sekai Meisaku Gekijo, contenitore animato di Nippon Animation che traeva linfa dai più celebri romanzi per l’infanzia occidentali. Romanzi che in Giappone hanno conosciuto una popolarità e un seguito, anche in chiave merchandising, davvero esorbitante, talvolta più gratificante che da noi. La fortuna di queste serie animate, in parte, doveva eterna gratitudine alla presenza di registi come Isao Takahata (su cui vi consigliamo il nostro volume The art of emotion), sceneggiatori come Yoshiyuki Tomino (ebbene, sì) e animatori del calibro di Hayao Miyazaki, Yoichi Kotabe, Yoshifumi Kondo e sparute artiste donne, tra le quali Noriko Moritomo e Masako Shinohara (alcune di loro migreranno in seguito nello Studio Ghibli). Un ensemble creativo davvero unico e mai visto all’opera “così” su piccolo schermo.
Torniamo indietro nel tempo dunque a 40 anni fa, a una domenica sera. Alle 19.30 un’entusiasta Anne Shirley fa la sua comparsa in tv lasciandosi alle spalle l’orfanotrofio in Nuova Scozia per raggiungere l’isola Principe Edoardo. Qui, nella cittadina di Avonlea, la attende una nuova vita presso la fattoria dei fratelli Marilla e Matthew Cuthberg, i quali hanno richiesto un orfano che li aiuti nel lavoro dei campi. Ignara del malinteso, Anne sogna a occhi aperti. Si gode il viaggio sul calessino di Matthew e inizia a fantasticare immaginando quella che sarà la sua nuova avventura. Una volta chiarito il disguido, dopo non poche lacrime, la ragazzina viene accolta al Tetto Verde. Sia chiaro: non saranno subito rose e fiori. Tra eccessi fantasiosi e parecchi guai in cui finisce per cacciarsi, Anne gradualmente matura e cresce sotto le affettuose attenzioni di Marilla, conosce l’amica del cuore Diana Barry, e inizia la sua educazione scolastica (e religiosa) per intraprendere un cammino che la condurrà all’età adulta.
Il mondo riflesso attraverso gli occhi di Anne, a partire dalla sua stanzetta con la modesta carta da parati per poi spingersi fuori, nel mondo meraviglioso dell’isola Principe Edoardo, è sempre stato uno dei motivi d’orgoglio della serie, permeata dalla tradizionale indagine dell’animo umano portata avanti dal compianto Takahata, il primo a essersi accorto dell’eccezionalità e della stravaganza della ragazzina. Ma che fatica stare dietro alle sue richieste! Enorme realismo, discussioni infinite con i collaboratori: Akage no An non sarebbe il capolavoro che è senza la spigolosa risolutezza creativa del suo principale artefice. Nel giro di 50 episodi e di un’intera stagione votata alla poesia, al piacere della contemplazione – che non costa nulla ed è sempre a portata di sguardo – Akage no An è diventato uno dei serial più amati da quella generazione di giapponesi, per poi conquistare il cuore degli occidentali (sul primo canale Rai, nell’ottobre 1980). Come è stato più volte riconosciuto dagli stessi autori dell’anime, in primis il produttore Junzo Nakajima, senza il quale il Sekai Meisaku Gekijo non avrebbe conosciuto una così solida popolarità, Akage no An non si è avviato sull’impervia strada della televisione raccontando la storia di un singolo individuo, ma ha trovato una sua beatitudine narrativa grazie al cast di personaggi che attorno ad Anne gravitano in una girandola di emozioni, sentimenti, risate e dramma. Il pubblico di allora si ritrovò a seguire la serie con stupore, ansia e trepidazione.
10 anni dopo la messa in onda, nel 1989, Isao Takahata tornò a far visita all’orfanella portandole in dono una riedizione per il cinema ottenuta montando spezzoni dei primi sei episodi (titolo: Akage no An: Green Gables e no michi). Quel film di 100 minuti è stato poi protagonista di pubbliche attenzioni almeno due volte: nel 2010 con nuova capatina in sala e, lo scorso ottobre, con proiezione di un solo giorno in un cinema di Shinjuku in vista delle celebrazioni del quarantennale ma anche in omaggio al defunto maestro dell’animazione. Tra i fan celebri dell’anime troviamo la mangaka Rumiko Takahashi. Lei la trovava divertente, nonostante le tragicomiche vicissitudini della sua protagonista. Inoltre adorava il ritratto della quotidianità, proprio lei che della materia sarebbe diventata maestra grazie a fumetti come Maison Ikkoku - Cara dolce Kyoko, una quotidianità che era l’esaltazione della vita che chiunque di noi può sperimentare ogni giorno. Se a Takahashi-san chiedete ancora oggi il segreto della serie, non avrà dubbi in proposito: ogni grammo di entusiasmo ed eccitazione proveniva da questa ragazzina, Anne Shirley, e dalla sua genuina sensibilità. La serie, tra l’altro, affrontava il tema della morte alla maniera di Takahata: un evento “reale” al quale non si sfugge, ritratto in chiave melodrammatica. Gli spettatori, poi, già sapevano tutto anche senza aver mai letto il romanzo. La fatidica puntata con la scomparsa del buon Matthew, infatti, era stata anticipata nel promo settimanale della serie mandato in onda senza l’abituale tema sonoro ma con un BGM (background music) più triste e solenne.
Numerose le pubblicazioni in lingua giapponese dedicate alla serie. Leggendario il volume edito nel 1991 da Kadokawa Shoten, Akage no An – Newtype Illustrated Collection: anche per le cifre sparate vent’anni fa dai primi importatori di “cose giapponesi” (il prezzo viaggiava ben oltre le 100 mila lire). Altro volume molto costoso, circa 6500 yen, e molto ambito è Sekai Meisaku Gekijo – Akage no An Memorial Album, ricco di immagini, image board, ekonte e testi di approfondimento. Se siete assidui lettori della rivistina dello Studio Ghibli Neppu, nel giugno 2010 è uscito anche un numero speciale interamente dedicato alla serie. Nei contenuti, i ricordi di regista e produttore, la testimonianza della “spettatrice” Takahashi e molto altro.
40 anni dopo l’esordio, dunque, con un prequel realizzato nel 2009 ancora da Nippon Animation e basato sul romanzo Sorridi, piccola Anna dai capelli rossi di Budge Wilson (edito in Italia da Kappalab), Akage no An è ormai entrato a far parte dell’olimpo dei classici. Un’opera di inestimabile bellezza e intelligenza riconosciuto soprattutto come il gran capolavoro televisivo di Takahata, prima che il regista si dedicasse di nuovo al cinema.
– Mario A. Rumor
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