mercoledì 6 gennaio 2016

Il Grand Prix di Angoulême e le donne

Già un terzo dei 30 candidati al Grand Prix di Angoulême, il premio alla carriera del più prestigioso festival di fumetto in Europa, hanno chiesto di ritirare il loro nome, dopo la denuncia del Collectif des Créatrices de Bande Dessisée contre le Sexism (nato l’anno scorso da oltre 100 fumettiste) per spingere a boicottarlo perché fra i nomi non c’è nessuna donna.

Dopo Alan Moore (ancora prima dell’appello, data la sua nota idiosincrasia per questi riconoscimenti), anche Riad Sattouf, Joann Sfar, Daniel Clowes, Charles Burns, Christophe Blain, Pierre Christin, Etienne Davodeau e il nostro Milo Manara (unico italiano insieme a Lorenzo Mattotti, fresco autore del manifesto di Riminicomix) hanno aderito alla protesta.

Le fumettiste del Collectif hanno chiesto più considerazione per il lavoro delle donne e un elenco con anche nomi femminili, per un quadro più realistico del meglio del fumetto (anche se alcuni hanno notato come, purtroppo, di fatto le fumettiste hanno trovato spazio soltanto nei decenni più recenti).

Dopo una giornata in cui, come sempre in questi casi, la polemica è infuriata nei social network (qui sopra un disegno dal sempre attento Gianluca Costantini), prima l’amministratore delegato del festival Franck Bondoux ha ricordato che il premio è “alla carriera” e che la manifestazione “non può distorcere la realtà”, pur ammettendo che “l’elenco potrebbe contenere uno o due nomi femminili e che dobbiamo essere vigili sapendo che il festival è una cassa di risonanza per molte cause”. Poi un comunicato ufficiale ha dichiarato che “Senza rimuovere altri nomi, aggiungeremo nuovi nomi di altre autrici alla lista dei candidati”.

Già in passato il Grand Prix (le cui nomination sono decise da un fantomatico comitato avvolto nel mistero) aveva suscitato vivaci polemiche, essendo stato assegnato in 43 anni a una sola autrice e nel 2014 a Bill Watterson, ritiratosi dopo aver concluso l’epocale Calvin and Hobbes nel 1995.

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