Aveva un bel carisma e una devozione per l’arte che non s’era scrollata di dosso neppure quando s’era trovata marito (un pubblicitario di nome Kaoru Anami) ed era andata a fare la casalinga e la moglie. Ma poi alla fine tornava sempre lì, nel grande fiume impetuoso dell’animazione per aiutare il maestro Tezuka o collaborare con vecchi colleghi Toei Doga. Nakamura era nata in Manciuria nel 1933 e trasferitasi con la famiglia nella prefettura di Yamaguchi subito dopo la guerra, aveva immediatamente dato corso alla sua passione studiando in un istituto d’arte. Per una giovane donna di quel tempo arte e pittura erano un pessimo binomio che non garantiva occupazione sicura, ma lei non si lasciò scoraggiare. Un giorno del 1952 assiste al film La pastorella e lo spazzacamino del francese Paul Grimault e, come Isao Takahata, se innamora all’istante.
Con due soli responsabili a occuparsi delle animazioni, si impone la necessità di impiegare animatori “in seconda” per ripulire le animazioni chiave e con una certa premura, visto che Toei ha in cantiere La leggenda del serpente bianco (1958). Tra tanti disegnatori maschi, Kazuko riesce a spuntarla: è talmente brava da guadagnarsi alcune pagine su un settimanale dell’epoca, e talmente bella che in portineria la scambiavano per un’attrice.
Soprannominata Wako-san, da artista con temperamento felino non sempre approva il modus operandi Toei nell’impiego di migliaia di disegni e cerca una scusa per andarsene. Soprattutto dopo aver lavorato al melodramma in costume Robin e i due moschettieri e mezzo (1962), che Toei Doga aveva letteralmente imposto allo staff. Tezuka aveva segretamente ammirato il talento di Kazuko ai tempi della sua collaborazione con Toei (il film Le tredici fatiche di Ercolino tratto dal suo fumetto Saiyuki) e, grazie all’intervento dell’inestimabile Yusaku Sakamoto, riesce ad assumerla non come semplice intercalatrice, ma disegnatrice in piena regola: passa con destrezza da Astro Boy (1963) a W3 (1965) dove finalmente ottiene il ruolo di sakkan, direttrice delle animazioni. Un ruolo che era stato affidato all’antica collega Reiko Okuyama in Toei Doga. Sono conquiste smisurate per le due donne, e nel maschilista mondo del lavoro giapponese non passano inosservate.
Nakamura si ritira nel 1964, ma a Tezuka non riesce a dire di no. Neppure quando è sull’orlo del fallimento e lei nel 1971 figura già tra i papabili animatori che dovrebbero seguirlo in un’altra avventura imprenditoriale. In Mushi era stata sakkan in La principessa Zaffiro (1968), firmato come Kazuko Anami, e animatrice dei personaggi femminili negli erotici Le mille e una notte (1969) e Cleopatra (1970), enormi successi al botteghino che tuttavia non risollevano le finanze dello studio. Nakamura realizza la sigla di apertura della serie I bon bon magici di Lilly (1971) con alias e collabora a un film su Mori no densetsu, che naufraga in fretta per essere ripreso nel 1987. Tezuka la vuole per Uccello di fuoco 2772, in cui è accreditata come “animation director”. Una cortesia professionale che Tezuka le restituisce da estimatore convinto: raramente credenziali del genere si ripeteranno nel cinema animato. Con la discrezione che la distingue, il nome di Kazuko riaffiora di tanto in tanto “per dare una mano”, come diceva lei: nel film Jack to mame no ki (1974) di Gisaburo Sugii e nella serie Alice nel Paese delle Meraviglie (1983) dove si riunisce al compagno Yasuji Mori dei tempi Toei.
– Mario A. Rumor
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