Per chi desiderasse saperne di più, Okada ne ha scritto nel memoir intitolato From Truant to Anima Screenwriting: My Path to ‘Ano Hana’ and ‘The Anthem of the Heart’ (J-Novel Club, 2018). Per tutti gli altri c’è il film, come utile promemoria. La storia è un gustoso gioco di incroci e paradossi. A Chichibu, dunque, vive Aoi Aioi, adolescente con la passione per il basso. Vive con la sorella maggiore Akane, che si prende cura di lei dopo la morte dei genitori avvenuta alcuni anni prima. In città è in preparazione un festival con la star della musica enka, Dankichi Nitobe. Ad accompagnarlo con la band arriva Shinnosuke, l’ex fidanzato di Akane, di cui non si è saputo più nulla dal suo trasferimento a Tokyo. Nel frattempo Aoi incontra Shinno, versione adolescenziale dell’uomo, misteriosamente bloccata nel presente della ragazza. Amori e passioni mai sopite per la musica, delusioni e contrasti riemergono prepotentemente cambiando per sempre la vita della giovane protagonista.
Mari Okada ha spiegato che il film è stato uno dei più facili da scrivere. Il carico di divertimento si è rivelato tanto più sottile confezionando un’altra struggente storia d’amore con il paradosso di convocare sullo schermo lo stesso personaggio maschile, ma di due età differenti. Passato e presente destinati a uno scontro epocale. Come già in Ano Hana, lo stoccaggio dei personaggi avviene in maniera affatto convenzionale: c’è una dimensione di conoscenza reciproca che si affida ai rimpianti, ai ricordi e a una sfera delle emozioni che necessita di essere sbloccata per poter andare avanti. Tatsuyuki Nagai ha definito il suo film una storia giovanile piena di nostalgia, tristezza e positività. Aoi, con il suo broncio che sembra scippato alla giovane Taeko di Pioggia di ricordi (1991) di Isao Takahata, è un’adolescente irrequieta e un po’ ingiusta nei confronti della sorella maggiore, ed è animata da un forte desiderio di affermazione personale anche a costo di lasciare la sua città.
Come sempre nelle opere che scrive, Okada gioca con lo stupore e la sorpresa. Non si accontenta di sfiorare la straordinarietà e la forza spiazzante della fantasia, ne eleva il valore grazie a forze centrifughe che scombinano i rapporti tra i personaggi e l’appartenenza del film a un solo genere. In A te che conosci l’azzurro del cielo il preciso intento è quello di spiazzare il fedele pubblico, in un evidente balzo in avanti nella gerarchia soltanto maschile dell’industria animata. Il suo non è un punto di vista creativo univoco, è un’affermazione di forza ispirata dai sentimenti più elementari. Basato su un immaginario di provincia intimo e accogliente, il film appare come una bellissima preghiera che un po’ tutti i personaggi si sentono in dovere di recitare, per se stessi e gli altri. Poi, chiaramente, come non apprezzare tutto l’aspetto tecnico affidato allo studio CloverWorks, da cui scaturiscono pulizia delle animazioni e ricchezza dei dettagli? Infine, c’è la garanzia di avere Genki Kawamura tra i produttori. Uno che di opere giovanili, vedere alla voce Makoto Shinkai, se ne intende. Consigliata l’edizione Ultralimited di Anime Factory con i suoi contenuti extra che offrono interviste e un utile booklet.
— Mario A. Rumor