Dopo l’unico precedente di Noi, Zagor(2013), un altro documentario sui fumetti arriverà in oltre il doppio delle sale cinematografiche italiane, interamente dedicato al Re del Terrore! Diabolik è il ladro che più di ogni altro è entrato nell’immaginario collettivo del Bel Paese: un fenomeno del fumetto nostrano che ha ormai raggiunto quasi 150 milioni di copie vendute, travalicando il medium per approdare già negli anni Sessanta perfino nella musica e nel cinema.
Il docufilm Diabolik sono io – grazie a Nexo Digital dall’11 al 13 marzo in 250 cinema (qui l’elenco completo delle sale), con tanto di coupon per uno sconto in FdC n.283... – guiderà gli spettatori attraverso la storia dell’intuizione di due giovani ed entusiaste imprenditrici milanesi nei primi anni Sessanta, le sorelle Angela e Luciana Giussani, capaci di dar vita al Re del Terrore e al suo mondo. Oltre a mostrare rari materiali d’archivio della casa editrice Astorina, il docufilm, scritto da Mario Gomboli (direttore ed editore del fumetto dal 1999) con il regista Giancarlo Soldi, si rivelerà anche un’indagine avvincente che cercherà una possibile spiegazione del mistero legato ad Angelo Zarcone, il disegnatore del primo albo di Diabolikuscito nel novembre 1962, inspiegabilmente scomparso senza lasciare tracce dopo aver completato le tavole di quel primo fumetto (poi ridisegnato in una migliore versione da lì sempre utilizzata per le ristampe).
Di Zarcone, soprannominato“il tedesco” per la carnagione chiara e i capelli biondi, si sa soltanto che dopo aver consegnato alla redazione le tavole de “Il re del terrore” sparì senza lasciare recapiti. Sembrava essersi volatilizzato: nel 1982, per il ventennale della testata, le sorelle Giussani assoldarono persino il famoso investigatore Tom Ponzi per ritrovarlo, ma il misterioso disegnatore si era come dissolto nel nulla. Un uomo in fuga, un latitante, un’ombra nera che si aggira nella notte, cosa succederebbe se quel disegnatore si trovasse oggi a cercare se stesso? Chi troverebbe? Angelo Zarcone oppure Diabolik?
Partendo da questo spunto, il docufilm immagina di tratteggiare un identikit quanto più accurato del Re del Terrore, avvalendosi di una galleria di testimoni dell’Olimpo del fumetto: Milo Manara, Mario Gomboli, Alfredo Castelli, Tito Faraci, Gianni Bono, Giuseppe Palumbo, esperti del noir come Carlo Lucarelli e Andrea Carlo Cappi, registi visionari come i Manetti Bros. (che presto riporteranno al cinema il personaggio, con un casting ad aprile e riprese entro il 2019), il costumista Massimo Cantini Parrini e la partecipazione straordinaria di Stefania Casini nei panni dell’avvocato Bianca Rosselli. Anche se a fare da fil rouge della narrazione saranno ancora una volta loro, le sorelle Giussani, grazie a un’intervista “senza tempo” riemersa dalle Teche Rai, un materiale preziosissimo, che insieme ai Super 8 ritrovati dei viaggi di Angela e Luciana attorno al mondo, alle tavole storiche dell’archivio Astorina e agli omaggi disegnati dal vivo da Giuseppe Palumbo contribuiranno a dare vita a un ritratto mai visto prima dell’eroe del fumetto.
Si chiama “Supereroi e non! Divinità di una moderna mitologia” la
mostra - a ingresso libero! - a cura del Centro Fumetto “Andrea Pazienza”, allestita al Centro Culturale Santa Maria della Pietà di Cremona dal 9 febbraio al 31 marzo 2019 a indagare un fenomeno sempre più dilagante.
Uomini in costume, storielle per ragazzini: questo è stato a lungo il giudizio nei confronti dei supereroi, soprattutto quelli più famosi DC e Marvel. Ma nel 1986 cambia qualcosa. Quell’anno rappresenta una data cardine per il fumetto supereroistico. Il 20 marzo esce il primo albo di Batman. Il ritorno del Cavaliere Oscuro, scritto e disegnato da Frank Miller. La sua rivisitazione dell’Uomo Pipistrello, grazie a un approccio più maturo e realistico nei confronti del genere e a uno stile innovativo e cinematografico, segna l’inizio di una nuova era per i comics a stelle e strisce. Pochi mesi più tardi, a giugno, compare il primo capitolo del capolavoro Watchmen, opera dello sceneggiatore Alan Moore tradotta visivamente da Dave Gibbons. I due britannici realizzano un’opera complessa, stratificata, labirintica, in cui la figura del supereroe viene decostruita. Nel contempo John Byrne riscrive le origini di Superman con Man of Steel, mentre in casa Marvel il redattore capo Jim Shooter cerca di svecchiare la linea editoriale lanciando una fase di rinnovamento dei personaggi con il progetto di un New Universe, che però non avrà fortuna.
Oggi i supereroi sono saldamente presenti nell'immaginario collettivo di un pubblico ampio e variegato soprattutto attraverso film e serie televisive, i cui plot narrativi pescano a piene mani dalle saghe create proprio negli ultimi trent’anni. Miller e Moore hanno reso adulti gli uomini in costume e influenzato sceneggiatori come Bendis, Ellis, Ennis, Gaiman, Millar, talentuosi autori di opere a fumetti diventate di culto anche grazie all'esposizione mediatica promossa dall'industria dell'entertainment (cinema, tv, videogiochi...). E se prima si parlava di eroi con superpoteri, oggi che le loro storie plasmano la fantasia dei lettori e del pubblico in maniera così pervasiva possiamo tranquillamente affermare che questi personaggi sono ormai assurti al rango di divinità, creando una nuova mitologia a cui esser devoti.
La mostra si propone l’obiettivo di raccontare l’evoluzione del genere supereroistico dal 1986 a oggi ripercorrendo i titoli di alcune delle più apprezzate avventure dei personaggi di casa DC e Marvel (con riferimenti alle produzioni editoriali Dark Horse e Image), senza dimenticare di far riferimento a quanto proposto sul grande e piccolo schermo. Attraverso tavole originali, riproduzioni, film, verranno dati spunti di lettura e di visione al pubblico della mostra. Non mancheranno incontri di approfondimento con esperti e con disegnatori.
Vorrei proprio vederlo, un futuro storico della critica fumettistica (ammesso che questo ramo dello scibile meriti in futuro una qualche attenzione) come tratterà Le anime disegnate di Luca Raffaelli: saggio che, uscito nel 1994 con l’editore Castelvecchi, rieditato e in parte rifatto nel 2005 per minimum fax e ora riproposto, ulteriormente rivangato, da Tunué (cartonato, 304 pp in b/n, € 28,00).
Un autentico libro “vivo”, anzi vivacissimo perché, se l’originario sottotitolo «Il pensiero nei cartoon da Disney ai giapponesi»si fregia ora anche di un «e oltre», c’è da tener presente in più la sua dovizia di immagini, assenti alla prima edizione; ma soprattutto le considerazioni introduttive di grande ragionevolezza, quali «tutto è cambiato, con il web prima e lo smartphone poi» e subito dopo quella fondamentale: «i pensieri, le filosofie dei cartoni animati che questo libro vuole comprendere e indagare sono tutte ancora lì. [Salvo] le novità che negli ultimi anni davvero aggiungevano qualcosa di nuovo rispetto alle tematiche classiche, sia per qualità sia per originalità».
Rimane in piedi dunque la robusta ossatura dell’impianto, basata su quel sottile gioco di parole di intendere animé – contrazione giapponese dell’americano animation – come anime, che senza l’accento vale filosofie, che stanno alla base del concetto di animazione. Filosofie che Raffaelli “interpreta”, nel momento in cui le descrive, sintetizzandole in tre filoni fondamentali. Uno per tutti, è la filosofia di Walt Disney: rendere adulta l’animazione, ampliandone il vocabolario e le capacità espressive, così non da interpretare la realtà, bensì di inventarne una parallela, grazie allo studio e alla scoperta di regole grafiche che a suo tempo hanno rifondato l’animazione. Tutti contro tutti sarebbe invece il minimo comun denominatore caratterizzante la Warner, principale concorrente Disney (con altri), i cui successi si devono ad animatori come Chuck Jones, Tex Avery, Robert Clampett, che hanno saputo rivoluzionare i canoni vigenti negli scorsi anni Quaranta, sviluppando un’animazione basata su un geniale surrealismo e su sequenze di inarrivabile dinamismo: concettuale e nella concitazione dei movimenti nell’animazione stessa. E alla fine il Tutti per uno, l’ipotetico motto dove il libro di Raffaelli si fa ancora più originale, dedicato all’anime, ossia il «cartone animato» giapponese, oggi imperante e proteiforme. Qui l’atteggiamento dell’autore è del tutto anticonformista rispetto alle idee correnti, cioè a quanto sui “cartoni” giapponesi si è detto fin troppo spesso. Le sue sono del resto idee originali concepite grazie alle visite personali agli studios giapponesi (in confronto a interventi passati, basati su idee magari preconcette). Secondo Raffaelli (e giustamente), gli anime sono molto più ricchi di umanità di quanto affermino i disinformati o i superficiali e le serie animate televisive hanno successo perché i loro autori sanno cogliere lo spirito del tempo, parlando all’«anima» degli spettatori, specie gli adolescenti.
Un libro che è divenuto subito un classico, e rimane imperdibile ancora a 25 anni dalla prima uscita (a maggior ragione per le integrazioni fino a questa terza).
Dal 4 al 7 aprile 2019 ritorna la fiera Romics con una nuova edizione del Concorso sui Libri a Fumetti, che premia le maggiori firme nazionali e internazionali della Nona Arte: tra i premiati degli scorsi anni Gipi, Igort, Shaun Tan, ma anche gli esordienti Gaia Cardinali, Alice Socal e Vinci Cardona. Sarà inoltre allestita una mostra riservata ai libri in concorso, dove
le opere saranno fruibili al pubblico, un’area di live performance
dedicata al fumetto ed un focus all’interno del catalogo ufficiale della
manifestazione, in modo da poter offrire maggiore visibilità alle
matite italiane e internazionali che partecipano al concorso.
Con un pubblico di oltre 400 mila visitatori annuali, la fiera romana si conferma un appuntamento per tutti gli appassionati e operatori dell’editoria del fumetto. Per l’edizione 2019 il concorso si arricchisce di due nuove sezioni: Miglior Libro per Bambini e Ragazzi, Miglior Fumetto Digitale. Confermate le altre sezioni Miglior Libro di Scuola Sudamericana, Miglior Libro di Scuola Angloamericana, Miglior Libro di Scuola Europea, Miglior Libro di Scuola Italiana, Miglior Libro di Scuola Giapponese, Miglior Ristampa, Premio Nuovi Talenti (nato lo scorso anno dalla collaborazione instaurata tra Romics e il
Cepell - Centro per il libro e la lettura, Istituto autonomo del
Ministero dei Beni Culturali e delle Attività Culturali), Premio Speciale della Giuria, Gran Premio Romics.
La Giuria del concorso sarà composta da personalità del mondo del fumetto, della cultura e dell’arte. La cerimonia di premiazione si terrà domenica 7 aprile 2019 presso il Pala Romics, Sala Grandi Eventi e Proiezioni, nel padiglione 8. A questo link la premiazione della scorsa edizione nel 2018. Le iscrizioni al concorso si raccolgono qui: in bocca al lupo a tutti!.
C’era una volta il fumetto. Gli eroi di carta denunciavano, scandalizzavano, eccitavano, ma soprattutto divertivano. Erano amici, fratelli, complici e compagni di vita. Moreno Burattini, uno fra i più noti sceneggiatori italiani, raccoglie in questo bel volume di Cut-Up Publishing 37 suoi articoli, editi e inediti, che raccontano il fumetto di ieri e quello che oggi ne è rimasto. Una carrellata di saggi e assaggi brillanti, divertenti, talvolta polemici e sempre appassionati realizzati durante i decenni, che consegnano al lettore scorci e istantanee di un panorama indimenticabile, affollato di personaggi e di autori, di editori e di testate, che hanno segnato un’epoca. E che resteranno.
I lettori di fumetti di 30, 40, 50 anni fa magari non conoscevano i nomi degli autori delle storie che divoravano, ma frequentavano edicole traboccanti di testate sorprendenti e audaci, in grado di regalare emozioni, dare i brividi. Perché poi tutta la teoria critica e filologica, tutte le ricostruzione storiche e le contestualizzazioni riguardo ai fumetti si riduce a capire la magia di un brivido. Ci fu un tempo in cui fiorivano le case editrici e i giovani autori trovavano sempre il modo di fare gavetta, a bottega da colleghi già affermati o negli studi professionali, pubblicando prima su piccole testate per approdare poi su quelle grandi una volta che si fossero fatti le ossa. Ai giorni nostri, gli editori in grado di portare in fumetto in tutte le edicole si contano sulle dita e in ogni caso non c’è più la ressa per comprare le testate che vi arrivano. Per chi vuol leggere fumetti, è difficile persino rintracciarli perché la distribuzione è quel che è e non tutte le edicole sono rifornite di fumetti allo stesso modo.
Prima di essere un noto e importante autore di fumetti, ne è stato un appassionato lettore. E di fumetti ha sempre scritto, al punto da aver dedicato alla Nona Arte persino la sua tesi di laurea. Ha iniziato pubblicando i suoi primi testi critici su una fanzine ciclostilata nel 1985, poi ha proseguito su altre riviste amatoriali, come su volumi di pregio. Ha scritto libri, gestito blog come il suo Freddo cane in questa palude(da una canzone di Ligabue dedicata allo Spirito con la Scure), curato gli apparati critici di collane come Alan Ford Story della Mondadori o Zagor - Collezione Storica per laRepubblica, senza mai fare distinzioni fra grandi e piccoli editori, pubblicazioni fatte da appassionati o testate blasonate.
Alcuni articoli sono inediti, pubblicati per la prima volta. Non c’è un ordine di lettura consigliato: si può perciò saltare di palo in frasca. Scrive Moreno nella sua prefazione: «A me piacerebbe se qualcuno di voi si incuriosisse, grazie ai miei Discorsi sulle Nuvole, riguardo a un fumetto che non ha mai letto, lo leggesse e se ne innamorasse». La passione e la competenza di Burattini traspare in ogni pagina, come in questo filmato da Etna Comics 2013... buona visione, e buona lettura!
Esattamente 40 anni fa, il 7 gennaio 1979, in Giappone andava in onda il primo episodio di Anna dai capelli rossi(Akage no An), “La sorpresa di Matthew Cuthberg”. Sulle note della splendida Kikoeru Kashira di Ritsuko Owada, l’orfanella Anne Shirley entrava ufficialmente nel mondo dell’animazione dopo aver sperimentato proprio in Giappone una straordinaria popolarità grazie al romanzo di Lucy M. Montgomery, pubblicato nel 1908 e tradotto in giapponese nei primi anni Cinquanta da Hanako Muraoka.
Come Heidi, Marcoe Peline Story prima di lei, Akage no An rientrava a buon diritto nel genere del Sekai Meisaku Gekijo, contenitore animato di Nippon Animation che traeva linfa dai più celebri romanzi per l’infanzia occidentali. Romanzi che in Giappone hanno conosciuto una popolarità e un seguito, anche in chiave merchandising, davvero esorbitante, talvolta più gratificante che da noi. La fortuna di queste serie animate, in parte, doveva eterna gratitudine alla presenza di registi come Isao Takahata (su cui vi consigliamo il nostro volume The art of emotion), sceneggiatori come Yoshiyuki Tomino (ebbene, sì) e animatori del calibro di Hayao Miyazaki, Yoichi Kotabe, Yoshifumi Kondo e sparute artiste donne, tra le quali Noriko Moritomo e Masako Shinohara (alcune di loro migreranno in seguito nello Studio Ghibli). Un ensemble creativo davvero unico e mai visto all’opera “così” su piccolo schermo.
Torniamo indietro nel tempo dunque a 40 anni fa, a una domenica sera. Alle 19.30 un’entusiasta Anne Shirley fa la sua comparsa in tv lasciandosi alle spalle l’orfanotrofio in Nuova Scozia per raggiungere l’isola Principe Edoardo. Qui, nella cittadina di Avonlea, la attende una nuova vita presso la fattoria dei fratelli Marilla e Matthew Cuthberg, i quali hanno richiesto un orfano che li aiuti nel lavoro dei campi. Ignara del malinteso, Anne sogna a occhi aperti. Si gode il viaggio sul calessino di Matthew e inizia a fantasticare immaginando quella che sarà la sua nuova avventura. Una volta chiarito il disguido, dopo non poche lacrime, la ragazzina viene accolta al Tetto Verde. Sia chiaro: non saranno subito rose e fiori. Tra eccessi fantasiosi e parecchi guai in cui finisce per cacciarsi, Anne gradualmente matura e cresce sotto le affettuose attenzioni di Marilla, conosce l’amica del cuore Diana Barry, e inizia la sua educazione scolastica (e religiosa) per intraprendere un cammino che la condurrà all’età adulta.
Il mondo riflesso attraverso gli occhi di Anne, a partire dalla sua stanzetta con la modesta carta da parati per poi spingersi fuori, nel mondo meraviglioso dell’isola Principe Edoardo, è sempre stato uno dei motivi d’orgoglio della serie, permeata dalla tradizionale indagine dell’animo umano portata avanti dal compianto Takahata, il primo a essersi accorto dell’eccezionalità e della stravaganza della ragazzina. Ma che fatica stare dietro alle sue richieste! Enorme realismo, discussioni infinite con i collaboratori: Akage no An non sarebbe il capolavoro che è senza la spigolosa risolutezza creativa del suo principale artefice. Nel giro di 50 episodi e di un’intera stagione votata alla poesia, al piacere della contemplazione – che non costa nulla ed è sempre a portata di sguardo – Akage no An è diventato uno dei serial più amati da quella generazione di giapponesi, per poi conquistare il cuore degli occidentali (sul primo canale Rai, nell’ottobre 1980). Come è stato più volte riconosciuto dagli stessi autori dell’anime, in primis il produttore Junzo Nakajima, senza il quale il Sekai Meisaku Gekijo non avrebbe conosciuto una così solida popolarità, Akage no An non si è avviato sull’impervia strada della televisione raccontando la storia di un singolo individuo, ma ha trovato una sua beatitudine narrativa grazie al cast di personaggi che attorno ad Anne gravitano in una girandola di emozioni, sentimenti, risate e dramma. Il pubblico di allora si ritrovò a seguire la serie con stupore, ansia e trepidazione.
10 anni dopo la messa in onda, nel 1989, Isao Takahata tornò a far visita all’orfanella portandole in dono una riedizione per il cinema ottenuta montando spezzoni dei primi sei episodi (titolo: Akage no An: Green Gables e no michi). Quel film di 100 minuti è stato poi protagonista di pubbliche attenzioni almeno due volte: nel 2010 con nuova capatina in sala e, lo scorso ottobre, con proiezione di un solo giorno in un cinema di Shinjuku in vista delle celebrazioni del quarantennale ma anche in omaggio al defunto maestro dell’animazione. Tra i fan celebri dell’anime troviamo la mangaka Rumiko Takahashi. Lei la trovava divertente, nonostante le tragicomiche vicissitudini della sua protagonista. Inoltre adorava il ritratto della quotidianità, proprio lei che della materia sarebbe diventata maestra grazie a fumetti come Maison Ikkoku - Cara dolce Kyoko, una quotidianità che era l’esaltazione della vita che chiunque di noi può sperimentare ogni giorno. Se a Takahashi-san chiedete ancora oggi il segreto della serie, non avrà dubbi in proposito: ogni grammo di entusiasmo ed eccitazione proveniva da questa ragazzina, Anne Shirley, e dalla sua genuina sensibilità. La serie, tra l’altro, affrontava il tema della morte alla maniera di Takahata: un evento “reale” al quale non si sfugge, ritratto in chiave melodrammatica. Gli spettatori, poi, già sapevano tutto anche senza aver mai letto il romanzo. La fatidica puntata con la scomparsa del buon Matthew, infatti, era stata anticipata nel promo settimanale della serie mandato in onda senza l’abituale tema sonoro ma con un BGM (background music) più triste e solenne.
Numerose le pubblicazioni in lingua giapponese dedicate alla serie. Leggendario il volume edito nel 1991 da Kadokawa Shoten, Akage no An – Newtype Illustrated Collection: anche per le cifre sparate vent’anni fa dai primi importatori di “cose giapponesi” (il prezzo viaggiava ben oltre le 100 mila lire). Altro volume molto costoso, circa 6500 yen, e molto ambito è Sekai Meisaku Gekijo – Akage no An Memorial Album, ricco di immagini, image board, ekonte e testi di approfondimento. Se siete assidui lettori della rivistina dello Studio Ghibli Neppu, nel giugno 2010 è uscito anche un numero speciale interamente dedicato alla serie. Nei contenuti, i ricordi di regista e produttore, la testimonianza della “spettatrice” Takahashi e molto altro.
40 anni dopo l’esordio, dunque, con un prequel realizzato nel 2009 ancora da Nippon Animation e basato sul romanzo Sorridi, piccola Anna dai capelli rossidi Budge Wilson (edito in Italia da Kappalab), Akage no An è ormai entrato a far parte dell’olimpo dei classici. Un’opera di inestimabile bellezza e intelligenza riconosciuto soprattutto come il gran capolavoro televisivo di Takahata, prima che il regista si dedicasse di nuovo al cinema.
Pur vessata dai ritardi nella distribuzione natalizia, è finalmente arrivato nelle migliori edicole e fumetterie italiane il nuovo FdC n.281, con splendida copertina inedita di Giuliano Piccininno e colori di Luca Giorgi) dedicata alla figura di Stan Lee.
Dopo un editoriale di presentazione sul’omaggio all’uomo-immagine e co-fondatore dell’Universo Marvel come oggi lo conosciamo che ha onorato 80 anni di meraviglie sempre con il sorriso sulle labbra,
le usuali news dal mondo (quelle meno viste e più importanti in Italia,
Francia, Stati Uniti e Giappone, più un approfondimento sui primi 50 anni delle fumetterie in Europa grazie a Lambiek), ci focalizziamo su storie e curiosità dell’ultimo grande creatore di miti del Novecento, con dettagli poco noti del “Sorridente”, i ricordi del “nostro” Fabio Licari dalla Lucca primaverile del 1993 con cui ha iniziato a collaborare con FdC, i sempre più invadenti richiami reciproci tra “The Man” e la cultura pop, e infine la top 5 dei migliori tweet che hanno ricordato la scomparsa del leggendario editor Marvel.
Poi guardiamo al fascino della vita quotidiana secondo Kazuo Kamimura narrata ne L’Età della Convivenza e Il Club delle Divorziate, l’autore uno e trino EsseGesse (un sogno lungo 70 anni con Giovanni Sinchetto, Dario Guzzon e Pietro Sartoris) e quindi una lunga intervista a Stefano Casini, che dopo il breve racconto degli esordi intrecciati a FdC ci aiuta ad approfondire le sue uscite più recenti per Mondadori Comics e Tunué con uno sguardo al futuro in un inedito western da autore unico...
Quindi incontriamo Elisa2B, all’esordio da autrice unica con La chiamata di cui ci racconta i “dietro le quinte”, e una lunga analisi firmata dall’esperto di arti visive “a tutto tondo” Ferruccio Giromini dei 22 albi dei Fumetti nei musei prodotti da Coconino Press in collaborazione con il Ministero dei Beni Culturali.
E ancora... 7 pagine di recensioni per orientarsi nel consueto mare magnum del
fumetto proposto nelle edicole, fumetterie e librerie italiane. Le
rubriche: “Il Podio” (i top 3 del mese), “Pollice Verso” (un exploit in
negativo), “Il Suggerimento” (per non perdere uscite sfiziose), “Il
Rinoceronte in carica” (la rubrica di Daniele Daccò, tra i fondatori del
nuovo portale giornalistico Niente Da Dire lanciato a Lucca insieme a Furibionda e Onigiri Calibro 38), approfondimenti (questa volta sul ’68 a fumetti, Inerzia e Kaleido di Eris Edizioni, la fine di
Adventure Time e tre mostre esemplari su Topolino, Jack Kirby e
Zerocalcare), “Strumenti” (sulla
sempre più numerosa saggistica dedicata a fumetto, illustrazione e
cinema d’animazione)... e le strisce fra satira sociale e graffiante ironia di Renzo & Lucia con testi & disegni di Marcello!