giovedì 28 marzo 2019

Stessa collina, un manga un po’ diverso

Siamo ormai alla vigilia dei 40 anni dalla pubblicazione in Giappone su Nakayoshi del fumetto per ragazze Kokurikozaka Kara, quel La collina dei papaveri che Gorō Miyazaki nel 2011 ha trasformato nella sua seconda regia cinematografica sotto l’egida dello Studio Ghibli, un’opera seconda migliore sotto molti aspetti rispetto a I racconti di Terramare (2006). E, certo, diversa dal manga di partenza.

Tra le tante letture da recuperare, consigliamo proprio il fumetto disegnato da Chizuru Takahashi e sceneggiato da Tetsuro Sayama che fu pubblicato sul periodico Kodansha da gennaio ad agosto 1980. In Francia il manga è da tempo disponibile in un volume di 320 pagine per le Editions Delcourt. Leggetelo, è interessante. La storia è quella di Umi, una giovane ragazza che rifiuta di credere alla morte del padre partito per mare. Proprio per tale ragione ogni mattina issa l’Union Jack per ricordare a tutti che un giorno o l’altro papà farà ritorno. Umi vive in un pensionato in cui deve occuparsi della famiglia e degli ospiti. Al liceo Kohan, il giorno del suo 16° compleanno, scopre di essere finita in una singolare classifica (Mister e Miss Kohan) e da lì ha modo di conoscere un ragazzo del club di giornalismo.

Al di là della trama e degli sconvolgimenti narrativi che Goro praticò nel suo film, è certamente il look del fumetto della Takahashi a interessare. Lo stile e l’ambientazione appartengono ai primi anni Ottanta del Novecento e l’aspetto dei personaggi non è ovviamente in stile Ghibli ma ricorda quello di un’altra star dello shojo manga del periodo, e di Nakayoshi: Shizue Takanashi e il suo Hello Spank! (1978). Entrambe le autrici hanno collezionato premi Kodansha e perfino le trame dei rispettivi fumetti hanno qualcosa in comune: un padre scomparso in mare, bizzarri personaggi, una giovane protagonista che vive l’adolescenza controcorrente rispetto ai coetanei.

La collina dei papaveri, versione manga, non sarà forse un capolavoro ma il ritratto della gioventù è, come si diceva all’epoca, “intrigante”.

Mario A. Rumor

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