martedì 13 ottobre 2020

Il tuo corpo sarà mio, i film animati di Project Itoh

Non è pacifica come appare, l’animazione giapponese su grande schermo. A differenza di altre più popolari e accomodanti cinematografie, gli anime garantiscono sempre più spesso al pubblico biforcazioni, alternative o vie di fuga. Delle bolle riflessive in cui rinchiudersi per novanta minuti e uscirne magari rigenerati. Per esempio, è possibile sentirsi parzialmente al sicuro ammirando i lavori sempre più esponenziali di Makoto Shinkai, trovando appagamento esistenziale nelle commedie adolescenziali-non-troppo che ultimamente stanno sbocciando a ritmo serrato. Oppure si può venire a patti con un cinema affatto conciliante, comunque ricco di intrattenimento “terapeutico” al solo scopo di gettare uno sguardo sul mondo. Se siamo fortunati, può capitare di ammirare pellicole che stazionano già nel futuro, e mica soltanto grazie ad ambientazioni o sparate avveniristiche. Con Mamoru Oshii in pensionamento anticipato stiamo vagando sempre più soli in un vuoto gnoseologico incolmabile. Però un esemplare di cinema dotato di nuovo combustibile ideologico in realtà c’è, ed è il Project Itoh: tre pellicole decisamente avvincenti che Anime Factory ha da poco inserito nel proprio catalogo home video.

Project Itoh (in giapponese, Itoh Keikaku) è il nome dello scrittore di culto scomparso a soli 34 anni nel 2009, dalla cui brillante mente sono usciti alcuni romanzi sci-fi salutati come capolavori del genere. Anzi, forse anche qualcosa in più, tanto da aver attirato l’attenzione del panorama letterario del Sol Levante. Per esempio, Gyakusatsu Kikan del 2007 (da cui è stato poi realizzato il film L’organo genocida) è stato salutato come uno dei migliori lavori degli anni Zero, a tal punto che l’edizione tascabile poteva vantare al suo interno contributi della scrittrice Miyuki Miyabe, di Hideo Kojima e Isaka Kōtarō. Se è vero che i fan dei videogame hanno un rapporto più stretto con questo autore per via di Metal Gear Solid 4, è importante riconoscere in esso un formidabile dispensatore di temi che l’animazione ha saputo traghettare sullo schermo con acume e gran senso dello spettacolo. Una volta ci saremmo accontentati di scrivere che “l’adattamento” animato di opere così carismatiche poteva finire conteggiato nel mucchio delle decine di opere che ogni anno escono in Giappone, invece questa trilogia cinematografica ha una sfavillante personalità, che muore dalla voglia di farsi notare. Un cinema bello pieno di cose da vedere, e al tempo stesso portavoce di una autorialità non indifferente.

Il noto programma tv di animazione noitaminA si è assunto l’incarico di seguire il progetto subito dopo la scomparsa dello scrittore. Ciascun film ha avuto a disposizione uno studio “personale” e nomi cazzuti della regia: Ryōtarō Makihara (Hal), Michael Arias (Tekkonkinkreet), Takashi Nakamura (Palm no ki), Shukō Murase (Ergo Proxy). L’apporto stilistico dell’artista redjuice (al secolo, Tomoyuki Yamasaki) si è gloriosamente riversato sul design dei protagonisti; mentre il lancio del progetto è avvenuto nel 2014 con un annuncio in grande stile che prometteva i primi due lungometraggi pronti nel 2015 e il terzo nel 2017. Tutto calcolato al secondo, tranne gli incidenti di percorso: tipo il fallimento dello studio Manglobe in seguito sostituito da Geno Studio. Il primo ad arrivare è stato L’impero dei cadaveri diretto da Makihara e prodotto da Wit Studio: il romanzo di partenza, in patria rimasto incompiuto, è stato portato a termine da Toh EnJoe, amico del defunto scrittore. Secondo film è Harmony, realizzato da Takashi Nakamura e Michael Arias per Studio 4°C, mentre L’organo genocida con la regia di Shūko Murase è appunto il lungometraggio iniziato da Manglobe e concluso da Geno Studio. In patria, la scelta di Murase è stata salutata come un piccolo evento in considerazione della sua bravura nel governare scene realistiche e forti ma anche nel saper trattare i personaggi e le loro esigenze introspettive.

I film del Project Itoh ragionano fondamentalmente su un’idea di tempo (in quest’ordine: passato, futuro e presente) in cui il corpo umano è un simulacro da addomesticare o da cui ricavare le solite inquisitorie domande sull’anima (L’impero dei cadaveri) o su cosa potremo fare di esso lasciandolo in balia dell’evoluzione tecnologica. Il background storico è il corollario su cui edificare trame e ideologie. In Harmony di Nakamura e Arias, per esempio, il connubio è parecchio più esplicito in una affatto accomodante prospettiva sociale (e culturale) in cui il dominio sul corpo dovrebbe portare a una società equilibrata e idealmente perfetta. Dal futuro scintillante di Harmony si passa al presente de L’organo genocida che Murase ha scritto e diretto mostrando un’istantanea del mondo non troppo distante da ciò che stiamo vivendo oggi con l’imposizione “democratica” di un controllo sugli individui a causa del terrorismo globale e delle conseguenze catastrofiche da esso scatenate. Dei tre film, anche per il meraviglioso impianto visivo, il nostro preferito resta L’impero dei cadaveri. Un’opera meno prevedibile e meno stereotipata rispetto al futuro utopico di Harmony e le angosce de L’organo genocida. Project Itoh in chiave animata è un appuntamento a cui non si può mancare o rinunciare: è un biglietto da visita sul futuro. Un’opera multiforme che ci riguarda tutti, nel corpo e nell’anima. 

– Mario A. Rumor

lunedì 12 ottobre 2020

Combattler V, cuore e acciaio

C’è stato un momento nella storia degli anime robotici in cui il cuore ha prevalso sull’acciaio. Un momento in cui il cuore ha letteralmente schiacciato la “macchina”. Un’infrazione provocatoria, destabilizzante o soltanto rivoluzionaria. Se fosse ancora vivo, a Tadao Nagahama, autore di tale storico gesto, andrebbe chiesto quale degli aggettivi sopra citati meglio si addicono al lavoro da lui svolto nella serie animata Combattler V (Chodenji Robo Con-Battler V), affettuosamente chiamata dai fan nipponici “Con-V”. La serie fu trasmessa su Tv Asahi da aprile 1976 a maggio 1977, prodotta da Tōei Company e realizzata materialmente da Sunrise. Ambientata nel “futuro” dell’anno 2013, Combattler V racconta l’invasione aliena condotta senza pietà dal pianeta Campbell ai danni dei terrestri. Per scongiurare la distruzione del genere umano, il dottor Nanbara ha costruito un potente robot, Combattler V, composto da cinque veicoli pilotati da cinque giovani: Hyoma Aoi, Jūzō Naniwa, Daisaku Nishikawa, Chizuru Nanbara e Kosuke Kita. Quando Nanbara resta ucciso, il professor Yotsuya ne prende il posto. Il nemico alieno contro cui i terrestri devono combattere è il generale Malik, al servizio della regina Oleana, l’anima della quale è finita in un computer e custodita in una statua gigantesca.

Per arrivare alla genesi di Combattler V era servito l’inaspettato successo della serie Il prode Raideen (Yusha Raideen, 1975), vera e propria pietra angolare del genere. Siccome in quegli anni una serie robotica poteva nascere soprattutto grazie all’interessamento e agli investimenti delle compagnie di giocattoli, quando Toei viene contattata dalla futura Bandai, essa commissiona il progetto di un nuovo anime robotico allo stesso staff di Raideen: Masaaki Tsuji alle sceneggiature, Nagahama alla regia (dal momento che era stato lui a prendere il comando in Raideen al posto di Yoshiyuki Tomino). L’ideale narrativo che ne sottintendeva l’ingresso sullo schermo doveva in pratica essere replicato anche in Combattler V, dove troviamo il leggendario Yasuhiko Yoshikazu come autore del character design e lo Studio Nue al mecha dei mezzi robotici. Lo Studio Nue era stato fondato nel 1972 da Takachiho Haruka, lo scrittore ben noto per Crusher Joe e Dirty Pair.

Un peso non indifferente lo avevano avuto in realtà Getter Robot (1974) e la morale del robot componibile, per effetto della quale ad affiancare la messa in onda dovevano essere prodotti stuzzicanti balocchi per i ragazzini. Una morale che, per quanto riguarda le fasi iniziali di Combattler V, prevedeva la presenza di molti più aeromobili nella composizione del robot, ridotti poi a cinque. Tra citazioni indirizzate ora al mondo sci-fi (il pianeta Campbell come omaggio allo scrittore John W. Campbell) ora alla stessa cultura animata del periodo, Nagahama elevò il gradiente spettacolare della serie Tv inaugurando un fortunato filone che sarebbe proseguito con Vultus V (1977) e Tōshō Daimos (1978). Il suo pregio da impeccabile narratore grazie alle esperienze teatrali condivise da giovane a fianco del futuro produttore di Tōkyō Movie, Yutaka Fujioka, fu principalmente quello di aver introdotto nel genere robotico elementi drammatici e introspezione psicologica. In tal modo la rappresentazione degli avversari alieni cambiava drasticamente instillando il dubbio negli spettatori. Sono davvero extraterrestri malvagi o non posseggono piuttosto anch’essi un cuore e una coscienza? Il divario tra buoni e cattivi, così come era stato postulato in passato, fece letteralmente il botto cambiando le regole di ingaggio nei confronti del pubblico. Serie notoriamente per ragazzi attirarono così l’interesse del pubblico femminile, spesso grazie al design di personaggi volutamente misteriosi e avvenenti: da Malik a Heinell fino al principe Rikiter che da solo si guadagnò la copertina delle riviste Out e Animage.

Combattler V è uscito in cofanetto per Anime Factory (brand nato dalla partnership tra Yamato Video e Koch Media) per un totale di 13 dvd che ne raccolgono tutti i 54 episodi. Il booklet contiene la trama degli episodi e i disegni preparatori di personaggi e robot. Chi possiede il roman album dedicato alla serie pubblicato in Giappone da Tokuma Shoten resterà forse un po’ deluso al cospetto di un simile bignami. Non sarebbe ora di recuperare materiali più allettanti? Interviste, descrizioni più accurate degli episodi, commenti dello staff? D’altronde non stiamo parlando di serie qualunque. Bensì di classici robotici intramontabili che hanno scritto un capitolo importante nella storia degli anime giapponesi.

– Mario A. Rumor