domenica 22 settembre 2019

“Modest Heroes”, piccoli grandi eroi di tutti i giorni

Netflix ha presentato in Italia l’omnibus dello Studio Ponoc Modest Heroes (Chiisana Eiyu: Kani to Tamago to Tomei Ningen, 2018). Un’antologia di tre corti che fa seguito al loro primo lungometraggio Mary e il fiore della strega (Meary to Majo no Hana, 2017) e posta al centro di un’attività si spera a lungo termine nel cinema di animazione da parte dello studio fondato nel 2015 da Yoshiaki Nishimura. La pellicola, nonostante la sua forma antologica, in Giappone è stata distribuita in cento sale e negli Stati Uniti ha goduto di regolare distribuzione grazie alla società GKids e alla sua ben oleata attività di promozione del cinema d’animazione non di lingua inglese (un catalogo che vanta i film dello Studio Ghibli, Jean-François Laguionie, Alexandre Heboyan, Claude Barras, Kitaro Kosaka, Masaaki Yuasa, Tomm Moore, più molti altri). Modest Heroes porta la firma di nomi noti dell’industria: Hiromasa Yonebayashi (con tre lungometraggi all’attivo di cui due con lo Studio Ghibli), Yoshiyuki Momose (da oltre trent’anni al servizio del Ghibli) e Akihiko Yamashita (rispettato animatore e oggi promettente autore).

Lo Studio Ponoc deve in parte la sua nascita all’annuncio che nel 2013 Hayao Miyazaki fece in merito al suo definitivo ritiro dalla scena animata, salvo poi ripensarci. La chiusura del dipartimento di produzione dello Studio Ghibli nel 2014 aveva lasciato oltre 150 tra disegnatori, animatori e artisti del disegno a vario titolo senza più una dimora sicura. Un piccolo esercito di professionisti con ancora una gran voglia di continuare a fare cinema sulla scia di quanto prodotto con Miyazaki e Takahata. Pur dovendo ricominciare da capo, Yoshimura e Yonebayashi hanno trovato nuova sistemazione, sostegno economico e una credibilità per dare vita ai progetti desiderati. Sulla scia Ghibli va intesa non soltanto con la superba qualità delle immagini e delle animazioni dei celebri film dello studio, ma soprattutto come coerenza artistica all’insegna di storie solide da raccontare e notevole capacità espressiva nel portarle sul grande schermo. Altra lezione che i giovani dello Studio Ponoc hanno appreso, e subito riconvertito in pratica, è la consapevolezza di non dover per forza abbracciare uno stile unico e distintivo ma, come ha insegnato Takahata con gli ultimi due suoi film (I miei vicini Yamada del 1999 e La storia della Principessa Splendente del 2013), uno stile sempre pronto a defilarsi dalla ordinarietà dell’animazione o dalla rassicurante bellezza estetica dei film Ghibli per trovare nuovi ragioni d’essere.

In Ponoc amano raccontare storie per bambini, sanno di dover evitare l’attrito pericoloso della banalità e ripetitività degli anime e sognano un cinema che vada bene sia ai grandi che ai piccini. Per questo è nato il progetto di Modest Heroes. Non un esperimento, ma una tappa evolutiva all’interno del loro personale processo di creazione. Qualcosa che, come ha spiegato il produttore Yoshiaki Nishimura alla stampa americana durante il lancio del film, andava fatto in quel particolare momento della loro esistenza e in quella particolare forma. Il progetto del film, inizialmente intitolato Life, prevedeva la realizzazione di quattro corti diretti dai signori di cui sopra in aggiunta a Takahata, venuto a mancare prima della lavorazione. Modest Heroes tratta della vita, della nascita e della forza che ogni giorno troviamo in questa vita. Talvolta grazie a eroi veri – non quelli dei cinecomics – che ci stanno attorno e di cui non ci accorgiamo. Il quarto corto, racconta ancora Yoshimura, doveva riflettere sul tema della morte, ma quest’ultima è stata più svelta di qualsiasi ispirazione portandosi via Takahata.

I corti di Modest Heroes, nell’ordine Kani no Kanino, Samurai Egg e Invisible, sono a conti fatti tre diverse espressioni del coraggio. Nel primo due fratelli granchio partono alla ricerca del padre trascinato via dalla corrente impetuosa del ruscello in cui vivono. In Samurai Egg un bimbo allergico alle uova combatte ogni santo giorno contro la sua patologia grazie anche a una madre eroica. Nell’ultimo Invisible, un uomo invisibile si ritrova a salvare acrobaticamente un bimbo mentre è a bordo del motorino. I tre registi si son scelti ambientazioni che in parte riflettono il loro personale background: lo scenario un po’ fantasy un po’ realistico di Yonebayashi è quello tecnicamente più impegnativo, soprattutto nell’animazione dell’acqua del ruscello o dei giganteschi pesci che lo abitano. L’ambiente domestico e scolastico in cui si muove il bimbo di Samurai Egg ricorda le atmosfere, l’uso dei colori e il design dei personaggi che Momose aveva proposto all’epoca di Ghiblies, i corti prodotti dallo Studio Ghibli nel 2000. Quanto a Yamashita, questa sua seconda regia stilisticamente differisce dal corto Chuuzumou per il Museo d’Arte Ghibli e propone un campione di quella differenziazione espressiva ed estetica dello Studio Ponoc di cui si diceva. Sicuramente, il suo è il corto più ammirevole dei tre. Nell’insieme, Modest Heroes conferma – almeno nella tecnica – di essere un degno figlioccio dello Studio Ghibli, e ora non resta che attendere il 2020 e il loro contributo animato per celebrare le Olimpiadi di Tokyo.

– Mario A. Rumor

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