P. La mia adolescenza trans (brossurato, 208 pp in bicromia, Feltrinelli Comics, € 18,00) è, già dal titolo, una bomba che detona tra le mani del lettore, un coming out inaspettato, a cui la fumettista affida il racconto più intimo e nascosto della propria esperienza di vita. Il tenore non è molto dissimile da quello di Romanzo esplicito: la storia è quella dalle tinte punk di un’adolescenza problematica e al limite dell’eccesso, caratterizzata da esperienze forti e autolesionistiche. Un’esistenza giovane e fragile in cui la consapevolezza di una inadeguatezza spirituale e fisica e un dolore interiore lacerante sono in contrasto con una fame di vita e di sperimentazione che suona più come un grido di aiuto che come un desiderio di ribellione e di evasione dalla famiglia e dall’asfittica vita di provincia.
Emblematica del dolore racchiuso tra le pagine del racconto è la tavola a pagina 83 del volume, in cui P. concede un cunnilingus a un’amica ammettendo a se stesso «In realtà non mi va, ma dico sempre di sì. Se dico di no sento di non valere nulla. Faccio star meglio gli altri, sono solo questo, un giocattolo. Chi mai amerebbe un giocattolo guasto?». E la metafora del giocattolo e dell’amore negato, anche del protagonista verso se stesso ritorna più volte nel fumetto, in modo quasi ossessivo e paranoico, denotando l’insano bisogno di P. e quindi dell’autrice di punirsi per la propria inidoneità. In questo risiede la forza e il realismo de La mia adolescenza trans.
Il tratto è quello spurio, incerto, approssimativo a cui Fumettibrutti ha abituato i suoi lettori sin dai tempi in cui pubblicava le proprie vignette sui social. Ma in questo caso quell’approssimazione si fa eccessiva, al limite della trascuratezza, tradendo forse un’urgenza narrativa che va oltre la ricerca formale e stilistica, quasi che l’idea e il desiderio di raccontare la propria storia corressero più veloci della matita dell’autrice.
Pur essendo un prodotto che va inquadrato in un’esperienza di ricerca da parte di una fumettista ancora evidentemente acerba, se pur già premiata e apprezzata, e in una nuova direzione che il fumetto italiano “giovane” sta prendendo, P. La mia adolescenza trans appare tuttavia una promessa non mantenuta se lo si pensa come un prodotto editoriale attraverso cui dare finalmente il giusto spazio alla questione della disforia di genere. Tanto, troppo vicino al libro precedente, questa seconda produzione di Signorelli dà molto spazio al racconto del disagio del protagonista e alter ego dell’autrice, ma scivola verso un finale frettoloso e a tratti incongruente (soprattutto nel caso del plot-twist che riguarda il rapporto madre-figlio), in cui al tema portante è dato poco spazio e con un ritmo eccessivamente rapido. Probabilmente un numero inferiore di tavole dedicato alla prima parte a favore della seconda avrebbe reso il tutto più omogeneo ed equilibrato.
P. La mia adolescenza trans resta comunque un fumetto coraggioso, in quanto coming-out pubblico per la sua autrice e per la tematica affrontata, ma è specchio di una capacità autoriale che non ha ancora offerto i suoi pieni frutti.
– Angela Pansini Valentini